La storia di mio padre, lavoratore infaticabile e onesto

Quella che racconto sommariamente è la storia di mio padre, lavoratore onesto ed infaticabile fin da ragazzo. Non ha neanche rifiutato di andare all’estero, lontano dalla famiglia e dagli affetti. La storia anche di un uomo che ha avuto sempre tanta fiducia negli altri e, quando ha potuto, ha fatto del bene disinteressatamente. Dopo anni di lavoro era giunto il momento di provare a migliorare la propria condizione con la costituzione di una ditta edile. L’attività imprenditoriale procede normalmente dal 1990 al 1992 con soddisfazioni per l’uomo imprenditore e per tutti coloro che lavorano con lui e per lui. Nel 1992 una banca locale, a corredo di un versamento con richiesta di benefondi presso un’altra banca, fa prendere alla situazione finanziaria dell’impresa una piega inaspettata. La banca richiedente non crede al direttore della banca presso cui era aperto il conto della ditta che l’assegno era coperto e senza alcuna remora lo manda in protesto sulla piazza di Milano. Vista l’iscrizione sul registro dei protesti, le altre banche non concedono più credito al titolare della ditta con il rischio del fallimento. Per riuscire a riprendere in mano la situazione e affermare, contrariamente a quanto aveva supposto la banca protestataria, la reale solvibilità della ditta, mio padre ha pensato giustamente di rivolgersi ad un legale per ribadire la verità vera. L’avvocato, analizzata la documentazione, si rende subito conto dell’ingiustizia subita dal cliente per un errore della banca e ne patrocina la legittima richiesta di risarcimento dei danni, perché nel frattempo la ditta, per mancanza di credito, ha dovuto bloccare i lavori in corso.

E l’imprenditore ritorna a lavorare all’estero alle dipendenze di altre ditte. Nel frattempo la causa procede con l’assoluta certezza della conclusione positiva per il ricorrente. Tanta era la certezza che all’avvocato della difesa era stato promesso un compenso di un miliardo delle vecchie lire. Rinvìi dopo rinvìi si giunge alla sentenza dopo venti anni con la grave scoperta che l’avvocato della difesa non si era minimamente preoccupato di consegnare al giudice il fascicolo con tutta la documentazione da cui si sarebbe potuto rilevare l’errore iniziale della banca e il conseguente diritto al risarcimento del danno subito. L’avvocato si è reso negligente una seconda volta non consegnando in tempo la raccomandata della sentenza e lasciando scadere i termini per il ricorso A tutt’oggi mio padre non è in possesso della documentazione consegnata all’avvocato. Una volta in possesso della sentenza sono stati consultati altri legali ,che, constatata la poca cura del collega avvocato della difesa, hanno suggerito di citare per danni l’avvocato stesso perché tramite l’assicurazione potesse in qualche modo recuperare parte della somma perduta. A questo punto, venuti a conoscenza della sentenza definitiva, i creditori si sono fatti avanti pignorando l’unico bene rimasto: la casa, acquistata con tanti sacrifici e l’unico possesso di una vita di lavoro. Non ci sono spiragli di soluzioni perché l’assicurazione non risponde alla richiesta e l’avvocato, dando la colpa della mancanza della presentazione dei documenti ai suoi tirocinanti, non si ritiene responsabile della sentenza negativa. Così diventa concreta la messa all’asta della casa . L’unica possibilità rimane quella di trattare con i creditori che si sono dichiarati favorevoli per un saldo e stralcio del debito con l’intervento della figlia che chiede, dando in garanzia la propria busta paga, quella del fidanzato e di un terzo avvallante, un mutuo per la somma di 140.000,00 €, sufficiente per estinguere il debito e rimanere proprietari della casa.

Ma nessuna banca di Alghero ha concesso mutui per l’acquisto di immobili all’asta. L’unica disponibile era la banca dove mio padre aveva il c.c. per i finanziamenti alla ditta. Dopo 5 mesi di trattativa con la presentazione di tutta la documentazione necessaria, anche questa banca ha espresso parere negativo all’erogazione del mutuo e nel frattempo Equitalia, che vantava un credito per conto dell’INPS, mai iscritto ai ruoli nei 20 anni precedenti, provvedeva a ipotecare la casa. Saltano tre sedute dell’asta ma alla quarta seduta l’appartamento viene acquistato nonostante si fosse tentato amichevolmente di dissuadere l’acquirente per consentire alla figlia di rilevare la casa paterna. Tentativi vani che hanno consentito la definitiva acquisizione dell’appartamento da parte del nuovo proprietario. Questa è la storia di un uomo e di un lavoratore che, per errori altrui, ha perso ciò che è più caro a tutti noi : la casa; dove sono conservati affetti, amore, gioie e dolori, tutta una vita. Ho voluto raccontare venti anni di lotte per difendere giustamente il proprio perché si spera che non accadano più cose del genere e l’onestà possa trovare il giusto riconoscimento. Noi continuiamo a sperare e a lottare, circondati da persone che ci vogliono bene, perchè l’avvocato e quanti, in questa storia, hanno messo del proprio per danneggiare un onesto lavoratore possano dialogare con la propria coscienza e rimediare al danno arrecato.

7 Gennaio 2013