Isla de las muñecas: in Messico, l’attrazione turistica più spaventosa

C’è la leggenda e c’è la storia dietro la leggenda. E poi c’è la verità. Ma quale delle tre versioni è la più spaventosa? A volte non conviene saperlo. Semplicemente, un luogo vive dei suoi miti. I quali contribuisco a renderlo ancora più inquietante di quanto non sia. E se siete amanti del brivido, apprezzerete particolarmente il racconto dietro questo angolo sconosciuto del Messico. Ci troviamo non molto lontano da Città del Messico, nell’area del distretto federale conosciuta come Xochimilco. Questa prende il nome da un’antica città pre-colombiana i cui resti oggi costituiscono un Patrimonio dell’Umanità Unesco. Ma non è di questo che vogliamo parlarvi. La nostra storia ci porta su un isolotto della laguna di Tlilac. Un’isola infestata da una presenza raccapricciante, che l’ha resa popolare tra i turisti amanti delle emozioni forti. Un luogo perfetto dove andare ad Halloween, se cercate una destinazione in tema con l’orrore. La località prende il nome di Isla de las Muñecas: l’isola delle bambole.

Foto di Eneas de Troya

E sono proprio le bambole le protagoniste della nostra storia dell’orrore, che con il tempo si è trasformata in una e vera e propria leggenda metropolitana. Anche se questo luogo di urbano ha ben poco. La laguna è infatti un luogo selvaggio dalla tipica bellezza tropicale, fatta di piante acquatiche, uccelli maestosi e fiori variopinti. Le barche traghettano regolarmente i turisti lungo i canali per gite di qualche ora. Certo, ci sono anche le zanzare, ma quelle sono parte integrante del panorama. Molto più di quanto invece possa esserlo questo luogo agghiacciante. Come nei migliori film horror, deviando dal percorso verrete catapultati in un’atmosfera macabra e carica di una forte atmosfera di tensione.

Appese ai rami degli alberi, quasi come fossero state impiccate, centinaia di bambole vi accoglieranno col loro sorriso molto poco rassicurante. La vista di quelli che erano un tempo innocenti trastulli per bambini potrebbe urtare la sensibilità di non pochi, dato il forte elemento di contrasto caratterizzato da quella che sembra una vera e propria esecuzione di massa. Ma di per sé lo spettacolo non sarebbe così terrificante. Se non fosse che raramente questi pupazzi appaiono nella loro interezza. Ad alcuni manca un braccio, ad altri una gamba. Di altri è visibile solo il torso, mentre la testa è conficcata sul ramo di un albero. Dall’occhio cavo di qualche bambola esce un verme, altre invece sono ricoperte dalla muffa. E i loro arti tagliati sono sparsi dappertutto e legati a loro volta a qualche arbusto. Superfluo sottolineare che il più delle volte la luce fa fatica a penetrare tra le fronde, e la penombra non aiuta ad alleggerire il senso di irrequietezza che ci accompagna durante il tragitto.

E dunque, quale leggenda avvolge questo luogo carico di tenebre e mistero? Si dice che le bambole custodiscano in sé lo spirito di una bambina affogata in un preciso punto della laguna nei pressi dell’isola stessa. E la storia dietro la leggenda vede protagonista un uomo: Don Julian Santana Barrera, un contadino di mezz’età che più di 50 anni fa lasciò il suo fazzoletto di terra, abbandonando la moglie e la figlia, per trasferirsi in questo posto. Fu qui che avvenne il tragico evento: Santana vide una bambina affogare nelle acque della laguna, e nonostante i suoi tentativi per salvarla, la piccola morì annegata. La verità secondo molti, inclusi i parenti dell’uomo, è che questa bambina non sia mai esistita, ma fosse solo il frutto della mente folle di quest’uomo: la sua pazzia spiegherebbe l’improvviso bisogno di crearsi un eremo in un luogo tanto nascosto, lasciandosi tutto alle spalle.


Foto di Esparta Palma

Ma si sa, il mito tende a sommergere la verità. Che questa bambina fosse esistita o meno non conta: perché è quello che avvenne dopo che causò la nascita di questo luogo leggendario. Giorni dopo la tragedia, Santana pescò una bambola dalle acque della laguna, e immaginò dovesse appartenere alla bambina. La legò a un albero come forma di rispetto. L’uomo, nella sua solitudine, si sentiva perseguitato da quella presenza, e cominciò a pensare che lo spirito della defunta fosse presente in quel simulacro infantile. Fu così che cominciò a collezionare bambole di fattura simile e ad appenderle lungo gli alberi dell’isola. Secondo quelli che gli erano vicino, la sua diventò una vera e propria ossessione, come se l’uomo fosse spinto da una qualche forza invisibile che lo aveva completamente cambiato. Per  50 anni il contadino ha accumulato bambole deformi, mutilate, storpie, raccogliendole dalla spazzatura o dragandole dal canale. Le legava così com’erano, senza aggiustarle o pulirle, ma dedicandogli comunque le sue attenzioni. A un certo punto si vociferava persino che coltivasse i suoi prodotti per nutrirle. Le dicerie naturalmente si sprecavano, ma l’uomo ha continuato a prendersi cura del suo personale santuario. Fino a quando un giorno avvenne il fatto che contribuì a rafforzare la fama di questo luogo maledetto.

 

Santana fu trovato morto nella laguna, annegato esattamente nello stesso punto in cui la bimba avrebbe incontrato la sua fine. Il nipote Anastasio Santana Velasco racconta che quella mattina era a pesca con lo zio. Questi a un certo punto disse che si sentiva chiamato da una presenza maligna, come il canto di una sirena, che voleva portarlo con sé. Anastasio non fece caso alle sue parole, e al termine della battuta andò a pascolare le mucche. Quando tornò trovo il corpo di Santana a mollo e privo di vita. La morte dell’uomo improvvisamente ha trasformato quello che era ritenuto il luogo di ritiro di un folle in un’attrazione turistica. Le voci circolarono, e cominciò a delinearsi la leggenda dell’isola abitata da bambole infestate dal fantasma di una bimba morta e altri spiriti. Compreso quello di Santana. Anzi, i visitatori stessi cominciarono a portare altre bambole sull’isola. Questa divenne così famosa da apparire su giornali e documentari televisivi. E nonostante le intenzioni del suo proprietario fossero innocenti e in un certo qual modo ammirevoli, la sua ossessione maniacale nel collezionare bambole deformi ha fatto sì che il quadro dipinto fosse quello di una destinazione da incubo.

Isola delle bambole in Messico
Foto di Esparta Palma

Per arrivare all’isola delle bambole dovete recarvi presso i canali di Xochimilco, 28 km a sud di Città del Messico. Qualora vi recaste in viaggio in Messico, quindi, il vostro aeroporto è il Benito Juárez. Da centro città ci sono numerosi bus del trasporto pubblico verso la periferia esterna del distretto. Una volta arrivati presso la laguna, non è comunque facile raggiungere l’isola: bisogna mettersi d’accordo con i traghettatori che operano il servizio lungo i canali. Quello da raggiungere è il canal  de Apatlaco:  i moli migliori sono l’embarcadero Cuemanco, l’embarcadero Fernando Celada e l’embarcadero San Cristóbal. Le barche che solcano la laguna sono chiamate trajineras, e contengono da 10 a 25 persone.

I prezzi del trasporto, così come la durata, possono variare. Generalmente la tariffa è di 200 pesos a ora, circa 12€. Se abbinate un giro dell’isola a un giro per i canali l’intero tour sarà di circa 4 ore. Se invece volete dirigervi direttamente verso la vostra destinazione la durata del viaggio sarà di un paio d’ore. Conviene andare nei giorni infrasettimanali, poiché il weekend è piuttosto affollato. E dal momento che sull’isola è presente persino un piccolo bar per i turisti, l’atmosfera del luogo tenebroso potrebbe venire a mancare. Ma non preoccupatevi: muovendovi tra quei corpicini di plastica dal ghigno inquietante, avvertirete sempre dentro di voi una sensazione di disturbo. Forse degli occhi che vi seguono costantemente lungo il cammino. O magari dei sussurri dietro le vostre spalle. Chi lo sa. La Isla de las Muñecas es leyenda.

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Tratto da www.fanpage.it ©

17 Ottobre 2013