La resistenza agli antibiotici potrebbe diventare una “minaccia apocalittica”

Secondo i dati divulgati l’anno scorso dall’Unione Europea, ogni anno nei Paesi del Vecchio Continente morirebbero circa 25 000 individui a causa delle conseguenze legate alla resistenza agli antibiotici: una resistenza che deriva, per lo più, dall’abuso prolungato nel tempo, o dal consumo scorretto e disordinato, di tali farmaci. Un fenomeno che potrebbe diventare nel giro di qualche decennio un’emergenza, stando alle considerazioni di molti scienziati e medici.

A rilanciare l’allarme è intervenuta, questa volta, Dame Sally Davies Chief Medical Officer del Department of Health del Governo del Regno Unito che ha sottolineato come la minaccia delle infezioni resistenti agli antibiotici è seria (e probabilmente in parte sottovalutata) al punto che, secondo la dottoressa, andrebbe iscritta nel National Risk Register governativo, istituito nel 2008 al fine di tenere aggiornata la popolazione britannica in merito alle emergenze nazionali che potrebbero essere fronteggiate nei prossimi anni. Per intenderci, nel registro sono inclusi i rischi di epidemie causate da ceppi influenzali particolarmente aggressivi, attacchi terroristici e alluvioni o inondazioni catastrofiche: parimenti la resistenza agli antibiotici andrebbe monitorata costantemente al fine di seguirne gli sviluppi su vasta scala.

Nel presentare nuovamente il problema al Governo britannico, tema già caro all’Unione Europea che ha lanciato l’anno scorso un piano quinquennale in dodici punti che mira a ridurre l’uso dei farmaci antimicrobici da parte dei consumatori al fine di arginare quella che un giorno potrebbe effettivamente presentarsi come un’emergenza, Dame Sally Davies descrive uno scenario apocalittico in cui, tra appena vent’anni, i medici si troveranno ad assistere alla morte di pazienti ricoverati per semplici operazioni a causa di infezioni che oggi vengono catalogate come “di routine”. Per marzo è attesa la pubblicazione di un rapporto relativo alla diffusione di infezioni sul territorio ed è probabile che, per allora, la situazione sarà definitivamente inquadrata come potenzialmente rischiosa. Come ha spiegato la dottoressa al Guardian:

“Pochi sono i problemi relativi alla salute pubblica che potrebbero rivestire un’importanza così grande per la società come quello della resistenza agli antibiotici. Significa che siamo di fronte all’incremento del rischio di contrarre infezioni che non possono essere curate: ma il problema della resistenza, quello può essere gestito”.

L’elaborazione di una strategia che coinvolga cittadini, medici ed enti è il solo modo per poter porre un argine ad una situazione che altrimenti rischierebbe di degenerare nelle conseguenze illustrate dalla Davies (e non solo da lei). Del resto, il problema della resistenza agli antibiotici è vecchio quanto gli stessi farmaci ed era prevedibile che, prima o poi, sarebbe emerso con maggiore urgenza: l’abuso ha favorito in maniera crescente lo sviluppo di ceppi resistenti, dando vita a quella che un giorno potrebbe diventare un’emergenza sanitaria anche, naturalmente, nel nostro Paese dove è ben radicato l’uso di prescrivere antibiotici anche quando non sarebbero strettamente indispensabili. Una speranza perché le cose non progrediscano secondo i pronostici di Dame Sally Davies c’è, in realtà, e potrebbe provenire dalla ricerca: ma se gli sviluppi non andassero nella direzione migliore, sarebbe meglio iniziare a prevenire la resistenza agli antibiotici, adottando comportamenti più corretti e responsabili nei confronti di un medicinale preziosissimo che ha migliorato l’esistenza umana in maniere che, solo pochi decenni fa, andavano oltre ogni immaginazione.

Tratto da www.fanpage.it ©

25 Gennaio 2013