Air gun: i cannoni che spaventano sardi e balene

Cannonate di aria compressa, ogni 10 secondi, a 250 decibel, 24 ore al giorno, tutti i giorni per due mesi e mezzo: un bel casino. Per fortuna in mezzo al mare non disturbano nessuno. Più o meno.

Tutto ha inizio il 7 maggio 2014, quando la Schlumberger Italiana Spa – filiale italica della Schlumberger Oilfield Services, colosso texano dei servizi per le società petrolifere – presenta al Ministero dell’ambiente e al Ministero dello sviluppo economico una «istanza di permesso di prospezione» per una «miglior comprensione della situazione geologica e della potenzialità geomineraria» di un’area marina localizzata nel Mar di Sardegna. Il perimetro in questione racchiude quasi 21 mila chilometri quadrati di mare e comprende i comuni di Alghero – a sole 33 miglia -, Bosa, Cuglieri, Magomadas, Narbolia, Porto Torres, San Vero Milis, Sassari, Stintino, Tresnuraghes, Villanova Monteleone. Il punto di costa più vicino è il Capo dell’Argentiera, situato a sole 24 miglia nautiche. La richiesta non è certo una sorpresa: il triangolo d’acqua tra Sardegna, Spagna e Francia è da qualche anno sotto l’acuta osservazione delle compagnie petrolifere, che lo considerano di “sicuro interesse” per l’attività mineraria.

What’s Air Gun? – Per scoprire se sotto un fondale marino sono presenti giacimenti di gas o petrolio, la Schlumberger si avvale e si potrebbe avvalere anche in Sardegna degli air gun. Proprio sul sito della società texana è possibile trovare una definizione della famigerata tecnologia: «Una fonte di energia sismica utilizzata per l’acquisizione di dati sismici marini attraverso il rilascio in acqua di aria fortemente compressa». In pratica, a seconda della “risposta” fornita dal fondale, è possibile verificare la presenza di eventuali giacimenti.

La Schlumberger prevede di acquisire dati per circa 7 mila e 300 chilometri di tracciato di air gun, grazie a un bombardamento che potrebbe durare dieci settimane. Gli spari si alternerebbero a distanza 5-15 secondi l’uno dall’altro e avrebbero una potenza sonora compresa tra i 240 e 260 decibel. Il martello pneumatico che vi sveglia ogni mattina, non supera i 100 decibel, ad esempio. Il motore di un jet a massima potenza, invece, si assesta sui 140-150.

Ricapitolando: cannonate di aria compressa, ogni 10 secondi, a 250 decibel, 24 ore al giorno, tutti i giorni per due mesi e mezzo: un bel casino. Per fortuna in mezzo al mare non disturbano nessuno. Più o meno.

Inquilini indesiderati Il Santuario Pelagos è un’area marina protetta compresa nel territorio italiano, francese e monegasco, classificata come Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo. Ha una superficie di 87 mila e 500 chilometri quadrati, di cui 25 mila e 500 di competenza italiana. Questa zona di mare è caratterizzata, appunto, da una massiccia concentrazione di cetacei. Sguazzano liberamente nel Pelagos: balene, balenottere, capodogli, delfini, orche e altri simpatici mammiferi marini. Purtroppo, sono sempre di meno. In più, sulla costa occidentale sarda, sono presenti diverse zone protette pericolosamente vicine all’area richiesta dalla Schlumberger: Capo Caccia, Asinara, Isola Piana, Stagno di Cabras e di Mistrars, Isola di Mal di Ventre e altre ancora.

Come spiega Oceana.org – la più grande società internazionale per la conservazione degli oceani – gli effetti degli air gun sulla vita marina sono considerevoli: perdita temporanea e permanente dell’udito, abbandono dell’habitat, interruzione degli accoppiamenti e dell’alimentazione, oltre che casi di spiaggiamento. Per balene e delfini, che grazie all’udito trovano cibo, comunicano e si riproducono, essere in grado di sentire è una questione di vita o di morte.

È indubbio, quindi, che l’utilizzo di tale tecnologia potrebbe mettere a repentaglio l’ecosistema della zona interessata. Lo studio di Valutazione di Impatto Ambientale pubblicato dal Ministero dell’ambiente afferma che tutto sarà posto a distanza tale dalla costa da poter «garantire la preservazione di aree di tutela ambientale». Le rassicurazioni convincono poco, visto che, in barba a limitazioni, aree o perimetri, un delfino va dove gli pare. Si potrebbero mettere dei cartelli ma, per quanto intelligenti, non sanno leggere. Per ora.

Il Fronte del no. Se già non l’avete fatto voi, l’avrete sicuramente notato in qualche vostro contatto. In molti, infatti, stanno aderendo al fronte NO AIR GUN, anche semplicemente impostando un’immagine del come foto del profilo. Stanno nascendo, inoltre, siti internet, gruppi e pagine Facebook dove in tanti manifestano il proprio dissenso nei confronti della possibile campagna di ricerca. Su Youtube è comparso anche un video (guarda) in cui Mauro Pili, novello ambientalista, guida un gommone e minaccia dura resistenza contro i cannoni ad aria compressa spiegando le ragioni del no. Il risultato è a metà tra Jack Sparrow e Alberto Angela:

Intanto la regione Sardegna precisa che pur essendo «chiamata ad esprimere il parere di competenza» ancora «nessuna decisione è stata presa». Chiunque, invece, abbia interesse, può inviare le proprie osservazioni al Ministero dell’Ambiente entro 60 giorni dalla data di presentazione dell’istanza (7 maggio 2014). Sì, c’è ancora tempo.

Ignazio Caruso, 2 Luglio 2014