Visioni di Sardegna, Stampe e disegni dalle collezioni statali

Se la Sardegna degli inizi del XX secolo fatica a uscire dall’isolamento e i suoi artisti stentano – tranne che in rari casi e momenti – a ottenere riconoscimenti e visibilità, è con il diffondersi della pratica dell’incisione che si afferma invece una sua preminenza in campo nazionale, alimentata dalla creazione di una vera e propria scuola, riconosciuta e apprezzata in Italia e Visioni di Sardegna sono quelle che complessivamente regala la Collezione di stampe di Giuseppe Tomè, riunita nell’arco dei circa trent’anni che costituiscono il periodo d’oro della scuola – dagli anni Venti ai Cinquanta – e ricca di una settantina di pezzi, quasi tutti di maestri sardi, ma non solo. È la prima volta che si ha modo di esporre in modo organico almeno parte di questa importante sezione della Collezione, a più di quarant’anni dalla sua donazione allo Stato; l’accompagna e completa una piccola scelta di opere appartenute a un altro grande collezionista di arte sarda del Novecento, Antonio Dessena.

Accanto alla selezione delle incisioni si presentano alcuni disegni, soprattutto ritratti realizzati a gessetto, come l’inedito Ragazzo di Mario Paglietti, un bel monotipo di Antonio Ballero (Serafina: se ne conosceva finora una copia di qualità inferiore, pubblicata nella monografia sull’artista), e una raccolta di strumenti e matrici originali, sia in legno che in metallo, di Felice Melis Marini e Iginio Zara, provenienti da collezioni private. La sezione didattica della mostra è costituita da un pannello con semplici spiegazioni sulle tecniche e un video, prodotto per l’occasione, nel quale l’incisore Enrico Piras illustra concretamente le varie tecniche. Accompagnano le classiche stampe in bianco e nero le colorate linoleografie di Giuseppe Biasi, che riveste anche per l’incisione il ruolo di pioniere nell’Isola; ma la presenza in mostra di quasi tutti i maggiori autori del periodo permette di valutare le varie attitudini e differenze, e gustare i risultati eccezionali raggiunti dagli altri incisori, quelli, per così dire, più “puri” – Stanis Dessy, Mario Delitala, Remo Branca, Carmelo Floris.

La sicura e salda amicizia di Giuseppe Tomè con Stanis Dessy, autore di un terzo delle opere collezionate, fa sì che siano le sue stampe a far la parte del leone: sua perciò la maggior parte delle stampe in mostra, sua l’immagine simbolo della mostra, la splendida xilografia Concerto, esposta a Firenze nel 1933 nella I Mostra Sindacale Nazionale, chiamata a comporre, in un accordo a più voci, una sequenza armonica di Visioni di Sardegna, esempi di rara bellezza.

10 Dicembre 2012