“Vi pare giusto che i contadini del Terzo Mondo nutrano il Terzo Mondo ?”

L'opinione di Vittorio Guillot

Parto dal principio che ogni essere umano, a prescindere dal colore della pelle, dal sesso e dalla sua fede politica e religiosa, abbia diritto al rispetto della sua dignità personale ed a soddisfare i suoi bisogni vitali. Credo anche che le differenti culture in cui si articola l’umanità aiutino i singoli ed i popoli a raggiungere questo scopo, anche se spesso devono essere depurate da molti appesantimenti che vanno in senso contrario al raggiungimento di quel fine. Perciò non accetto che venga imposto a nessuno un ‘pensiero unico ‘ od un unico ‘modello culturale’. Quindi al Terzo Mondo e, per quanto ci riguarda più da vicino, all’Africa non deve essere imposto il ‘modello di sviluppo ’ proprio della cultura occidentale, quasi che sia il migliore in assoluto e valido per tutti i popoli. Questa sarebbe, in realtà, una forma di neocolonialismo, molto caro alle ‘multinazionali’ ed alle potenze che le sostengono, che facilmente porterebbe alla distruzione di culture, tradizioni, lingue ed economie locali. Penso, tra l’altro, che gli stessi ‘ investimenti di capitali stranieri’ debbano essere accolti con molta prudenza, o addirittura, respinti perché troppo spesso sono attuati solo per far produrre a bassi prezzi e da una manodopera sotto pagata ciò che serve agli ‘occidentali’ e solo finché è loro conveniente. Così, però, intere comunità sono poste in mano al ‘Mercato’ e, in pratica, alle grandi imprese capitaliste, che di fatto limitano od annullano la stessa ‘autodeterminazione’ dei popoli.

Non parliamo, poi, della dipendenza economica, alimentare e politica generata dalle ‘monoculture’. Queste mettono in mano degli investitori e degli acquirenti intere comunità che, prive di altre forme di sostentamento, in caso di crollo del mercato di quella monocultura, magari artificialmente provocato, sono ridotte alla fame, e spinte ad abbandonare i campi, a rifugiarsi nelle bidonvilles ed a migrare. Persino la fornitura di aiuti alimentari può essere dannosa e, perciò, deve essere attuata con molta cautela e solo in casi estremi. Infatti può scoraggiare la produzione locale, il lavoro e tutto l’indotto artigianale e commerciale che la segue. Piuttosto, gli aiuti al Terzo Mondo devono essere finalizzati a realizzare sul posto le condizioni di sviluppo che tengano conto delle specificità naturali, ambientali e culturali dei vari Paesi e non li obblighino ad importare beni che possono essere prodotti localmente. Semmai si diversifichino le loro produzioni e, in poche parole, come lessi tempo fa, si faccia in modo che ‘I contadini del Terzo Mondo nutrano il Terzo Mondo ‘ .

Certo, in questo quadro occorre aiutarli a modernizzare le loro strutture ed i loro mezzi di produzione nonché a formare il personale, scientificamente e professionalmente, in modo che trovino le vie di sviluppo loro proprie. E’ ovvio che, dopo aver sviluppato ed utilizzato le loro potenzialità, possano esportare le eccedenze ed importare quanto ritengono utile. In tal modo si può arrivare ad un pacifico ed ordinato scambio commerciale e, perché no, culturale, vantaggioso per entrambi. L’Unione Europea, se fosse diversa e più intelligente di quanto è, dovrebbe favorire al massimo questo tipo di emancipazione e di sviluppo ‘autoctono’, per lo meno dei popoli della vicina Africa. In tal modo eliminerebbe le cause di certe migrazioni fuori controllo che la minacciano e fanno il gioco di speculatori senza scrupoli. In pratica, partendo dalla valorizzazione delle culture locali, si potrebbe arrivare ad una autentica ‘universalità’. E’ chiaro che questo discorso non può essere capito ed accettato né dagli ‘internazionalisti’ di marca liberalcapitalista né da quelli di stampo marxista-comunista, che, a ben vedere, formano le due facce della stessa medaglia. Anche se troppo spesso manco se ne accorgono. 

Vittorio Guillot, 20 Agosto 2019