Una studiosa sarda mette la propria firma su ‘Science’

Una studiosa dell’Università di Sassari ha messo la propria firma su “Science”, una delle riviste scientifiche più prestigiose in assoluto assieme a “Nature”. Si chiama Sara Melito, ha 34 anni ed è assegnista di ricerca nel Dipartimento di Agraria, sezione di Agronomia, Coltivazioni Erbacee e Genetica dell’Ateneo sassarese. Il suo è l’unico nome italiano che compare tra gli autori di un articolo incentrato sui geni della soia per la resistenza all’infezione da Heterodera Glycines, un verme parassita da quarantena che attacca le radici e causa deperimento e morte della pianta; la sua pericolosità, inoltre, è legata al fatto che può minacciare anche altre specie come lupino e fagiolo. La ricerca dell’Università del Wisconsin coordinata dal professor Andrew Bent – primo autore dell’articolo pubblicato il 30 novembre 2012 – individua i geni di resistenza e ha il merito di definire una delle possibili applicazioni positive delle biotecnologie e della genetica agraria. Argomenti “spesso collegati solo agli Ogm e guardati con sospetto, ma in realtà capaci di divenire uno strumento intelligente per favorire un’agricoltura sostenibile, sempre meno ricca di pesticidi e più vicina alle esigenze del singolo agricoltore”, riflette la dottoressa Melito.

Nel caso specifico, è bene ricordare che la soia è una delle leguminose più diffuse e utilizzate al mondo: non solo per l’elevato contenuto di proteine (oltre il 44 per cento) ma anche per il frequente impiego nella nutrizione degli animali, nella produzione di oli e, più di recente, di carburanti “verdi”. La ricerca ha consentito di raggiungere un traguardo importante, che diversi studiosi, sparsi per tutto il globo, stavano inseguendo da almeno 20 anni: “L’individuazione di un nuovo locus di resistenza (Rhg1) in cui sono stati identificati tre geni coinvolti nella resistenza al parassita, consente di ipotizzare e pianificare incroci genetici in modo da rendere resistenti le varietà di maggior interesse per gli impieghi umani”, spiega ancora Sara Melito. Un risultato non da poco, se si considera che, solo negli Stati Uniti, la soia genera un fatturato di oltre 35 miliardi di dollari l’anno, mentre l’azione infestante dell’Heterodera Glycines causa ogni anno perdite economiche pari a un miliardo di dollari. La soia potrebbe rappresentare una coltura di grande interesse per l’Italia, dove la coltivazione di questa leguminosa, solo in Emilia-Romagna, per citare un esempio, ha interessato nel 2007 una superficie di 16.978 ettari, per una produzione di 38.600 tonnellate (Fonte: Regione Emilia-Romagna).

Dopo la laurea in Biotecnologie agrarie e vegetali conseguita a Napoli, Sara Melito ha svolto un Dottorato di ricerca e, successivamente, ha approfondito la propria formazione alla Cornell University di Ithaca (New York, Usa) e nell’Università del Wisconsin (Madison). “Per tornare in Italia ho sfruttato una borsa di ricerca per giovani ricercatori, bandita dalla Regione Sardegna con la legge regionale 7/2007, e il mio rientro dall’estero, come spesso succede non è stato semplice”, racconta Sara Melito.

“Al momento lavoro come assegnista di ricerca presso l’Università di Sassari, con il professor Andrea Porceddu, sempre nel settore della genetica vegetale. Lo studio dell’interazione tra pianta e patogeno è un argomento che mi ha sempre affascinato e la soia è una delle colture che avranno sempre più peso nell’economia mondiale”.

Nella foto: Sara Melito

8 Gennaio 2013