Società civile, categorie produttive e politica economica

Personalmente non sono un fanatico del liberismo assoluto e incontrollato. Ritengo, anzi, utile una economia in cui l’Ente Pubblico (Stato, Regione o Comune) individui gli obiettivi collettivi da raggiungere. I tecnici, ai quali si dovrebbe affidare l’incarico di studiare le varie problematiche e di individuarne le soluzioni “tecniche”, dovrebbero esprimersi liberamente, ma le decisioni non dovrebbero essere adottate dai clans o dal partito unico ma, democraticamente, dai rappresentanti della “Società Civile”, espressa dai corpi sociali in cui si articola il mondo della produzione. Lo Stato e gli enti pubblici e locali in generale , in questo modo, devono sviluppare delle politiche economiche che rispondano alle motivazioni sociali. Stabiliti gli obiettivi generali, però, dovrebbe essere lasciata la libertà di iniziativa, di rischio e di guadagno agli imprenditori privati in modo che possano trovare il modo economicamente più conveniente per raggiungere i suddetti obiettivi, assieme ai loro interessi. In tal modo è più facile operare tempestive “varianti in corso d’opera” nel caso che sorgano delle novità o che, nelle previsioni della politica economica siano stati effettuati errori di valutazione. Insomma, per quanto la funzione dei tecnici, dei burocrati e dei politici sia indispensabile, la vita economica non può essere affidata totalmente a loro, ma occorre riconoscere un ruolo fondamentale agli imprenditori, ai lavoratori, agli uomini. In questa ottica l’Ente pubblico deve controllare anche l’attività delle banche, soprattutto nella erogazione dei crediti, e tutelare, incoraggiare e regolare la proprietà privata e l’iniziativa individuale in economia finché svolgono una funzione socialmente utile. Data questa impostazione, non esito ad affermare che le “privatizzazioni” dei patrimoni pubblici non mi convincono pienamente, soprattutto se riguardano aziende strategiche per l’economia nazionale o del territorio. In linea di principio sono d’accordo che sia alienata una infinità di beni e servizi che appesantiscono inutilmente le pubbliche amministrazioni con passivi pazzeschi. Non credo neppure che le pubbliche amministrazioni sappiano fare gli imprenditori. Teniamo anche presente, però, che con le “ privatizzazioni ad ogni costo”, seguite da liberalizzazioni senza regole e finalità sociali, purtroppo, non sempre si sviluppa la concorrenza. Addirittura è purtroppo possibile che il monopolio pubblico sia sostituito da quello privato, che mira solo al profitto e se ne frega dell’efficienza e della economicità del servizio o del bene prodotto. Sarebbe meglio, per evitare questi fenomeni, che l’Ente Pubblico concedesse ai privati la gestione di certe attività, fissandone le finalità e le condizioni di esercizio, i canoni e le tariffe da far pagare all’utenza.

13 Novembre 2012