Il #MeToo delle donne tunisine

Nella Tunisia della svolta politica, dove il nuovo Governo ha dato ampio spazio alle donne, così come non si vede in nessun altro Paese Islamico, il movimento #MeToo prende slancio sulla scia delle accuse rivolte ad un importante legislatore.

In Tribunale si è aperto un procedimento basato su accuse di molestie sessuali ed atti osceni, mentre all’esterno gli attivisti e le attiviste di #EdaZena (#MeToo) dimostravano con cartelli su cui era riportato “il mio corpo non è uno spazio pubblico”.

La fonte del problema

I fatti risalgono al 2019 quando un importante membro del Parlamento Tunisino, Zouhair Makhlouf, è stato fotografato da una studentessa mentre, in auto nei pressi di un liceo, compiva atti osceni.

Dal caso Makhlouf è partita l’azione di #EdaZena, la cui pagina Facebook, su cui potrete vedere cosa stanno facendo questi ragazzi, oggi registra più di 90.000 iscritti, spingendo molti a denunciare le molestie e le violenze subite.

Se fino a poco tempo fa Makhlouf aveva potuto evitare i procedimenti contro di lui grazie all’immunità parlamentare, la nuova situazione politica e l’avvicendamento al Governo del Paese, con la revoca dell’immunità parlamentare a tutti i deputati e senatori, hanno portato prima a l’incriminazione formale, poi alla sentenza che ha decretato la pena di un anno di carcere per le molestie sessuali arrecate alla vittima Naima Chabbouh, nell’episodio da lei documentato presso la scuola di Nabeul.

L’attività di attivisti quali Sara Medini in supporto della causa contro Makhlouf ha quindi avuto i suoi frutti, tutto il movimento è stato sostenuto ed organizzato anche da Sarra Ben Said, femminista di Aswat Nissa, che non ha mai mancato di dire alle donne tunisine che Makhlauf, anche se potente e rispettato dalle Istituzioni nella regione in cui era sotto processo, avrebbe avuto la giusta punizione.

Le foto incriminanti erano state scattate da uno studente allora minorenne che poi le aveva postate sui social.

Il futuro del movimento

Sono trascorsi due anni tra proteste ed interventi del movimento #EdaZena prima che, anche grazie ai cambiamenti nel Parlamento Tunisino, si arrivasse alla sentenza che si potrebbe definire storica, essendo la prima in Tunisia a portare a giudizio un alto funzionario per molestie sessuali.

La debole e fantasiosa difesa di Zouhair Makhlouf in tribunale era basata sul suo presunto essere diabetico e dover frequentemente urinare, al punto di dover usare una bottiglia mentre era in auto.

L’attesa della sentenza presso il Tribunale di Nabeul è stata l’occasione per le attiviste del #MeToo tunisino per organizzare manifestazioni durante le quali echeggiava il loro slogan.

La pressione esercitata dal movimento è servita a far mantenere tutte le accuse a Makhlouf, prima ridotte a semplici atti osceni e poi riportate anche alle ben più gravi molestie sessuali.

Nel panorama dei Paesi Arabi la Tunisia è certamente all’avanguardia nella tutela dei diritti delle donne e seppure le pene per i reati contro di loro siano a tutt’oggi esigue, la condanna ad un anno inflitta a Makhlouf è il massimo che il Tribunale possa infliggere ed è un forte segnale per l’opinione pubblica.

Di certo questa sentenza darà molta energia e coraggio alle altre ragazze per non tacere, le cose nel Paese, i diritti delle donne soprattutto, potranno migliorare se si continueranno a denunciare atti come questo .

Anche se nel 2017 è stata introdotta una legge che vieta la violenza contro le donne sia in ambito privato che negli spazi pubblici, oltre il 95% delle molestie sessuali e degli abusi ancora non viene denunciato dalle vittime.

La vera Primavera Araba passa anche da qui, da questi che possono sembrare episodi ma sono i mattoni fondanti del Diritto che uno Stato Laico deve essere garantito a tutti i suoi cittadini.

21 Novembre 2017