Cercasi figlio disperatamente

Cari e affezionati amici lettori, vi racconterò una storia che penso, ne sono convinto, vi appassionerà. E’ una storia quasi surreale e mi riguarda personalmente. La racconto in tutta sincerità, ma in nome della legge sulla privacy siete tutti pregati di non divulgare la notizia. Alle ore 16 di una splendida domenica di svariati anni fa mi trovavo nella mia piccola tenuta campestre di Tanca Farrà quando all’improvviso comparve una splendida ragazza di circa trenta anni:

“Are you Josef Angioi, the famous satyricon jornalist, i suppose ?”.
“No tresor – risposi io –  quello è Federico Fellini, satyricon man”.

Non si perse d’animo, la vichinga: “Cerco proprio te, amore mio, futuro padre di mio figlio John”.

La guardai meglio: era di una bellezza incredibile; avete presente Elisabetta, la Canalis? Identica, ma bionda. La invitai nel salotto, quello buono, e con in mano un gin-tonic mi raccontò la sua storia. Era una hostess di Ryanair e avendo trovato su un sedile il periodico Alghero Eco si soffermò a leggere un articolo (con una foto accattivante) del sottoscritto estensore della rubrica “Vai dove ti porta lu machini”. Lo stile, a suo dire, era similare a quello del defunto marito John Gordon, giornalista satirico del Times di Londra, perito a soli 35 anni in un incidente stradale. Fu proprio allora che prese la decisione di concepire un figlio con il Dna satirico del marito ed ecco spiegata la visita inaspettata.

Mi supplicò a più riprese di aiutarla a concepire un figlio che avesse l’impronte del marito John (vista la sua avvenente bellezza non sarebbe stato certo un grande sacrificio). In un primo momento rimasi attonito. Lei mise in mostra le sue gambe longilinee e anche un pezzo della tetta sinistra. Tra un drink e l’altro si erano fatte le diciotto e il tasso alcolico cominciava a fare effetto. Io la guardavo con distacco sebbene alla vista dell’ombelico del mondo qualche punto mi si stesse indurendo.

Comunque resistevo e pensavo: hei… tantu no ma convinzis, jo aguant. Continuammo a bere e mentre lei, sempre più accaldata, continuava a scoprirsi io insistevo a tenere sempre più duro: hei, tantu già ta stracas. jo resist massa a ra porra. Completamente spoglia la osservai con attenzione ammirandone totalmente la bellezza. Chiusi un attimo gli occhi e quando li riaprii mi decisi: facemmo l’amore senza condizionamenti. Parlava di verdi praterie scozzesi, di guiness e la regina, di colonie in Pakistan.

Richiusi nuovamenti gli occhi, li riaprii ed ecco nuovamente l’inglese a gridare:
I engioy, i engioy very much“.
“Ma cosa dici: tu sei Helen, io sono Angioi”. Non sapevo che “engioy” significasse godere.

Alle ore 20, dopo il drink della staffa salutò sorridente e come venne sparì. Qualche giorno fa mi arriva una lettera da Londra con annessa foto di un bimbo di cinque anni, Joseph-John, e un caldo ringraziamento da Helen per averle dato un figlio giornalista col Dna satirico. Il piccolo, mi riferisce, di aver già ideato un giornale, “London Eco” di cui cura personalmente la famosissima rubrica “Go where the mind lead you” ovvero “Vai dove ti porta lu Machini”.

Non sto a tediarvi con i mille ringraziamenti di Helen per averle dato l’opportunità di mettere al mondo uno splendido figliolo con un roseo futuro. Ebbene lettori carissimi, il machini è che come il Mirto di Sardegna, non ha più confini.

7 Novembre 2012