Elezioni e Destra

L'opinione di Vttorio Guillot

Un tifoso di un partito di destra mi ha confidato di essere costernato perché molte persone idealmente orientate verso la sua parte voteranno per il M5S. Gli ho risposto che la cosa non mi stupisce né sorprende anche se sono convinto che il M5S sia un bluff e che, se dovesse andare al governo, rovinerebbe definitivamente quanto ancora c’è da rovinare in questa nostra povera Italia. Oggi, però, malgrado qualche sorrisetto di Di Maio ad altri partiti, ricambiato dalle strizzatine d’occhio di Bersani e Salvini, il M5S cerca ancora di accreditarsi come un elemento di rottura del sistema partitocratico e come quel “nuovo che avanza”, non compromesso dalla corruzione e dal malgoverno dilaganti.

Poco importa che ciò non sia altro che una vana illusione e che anche i suoi sindaci ed amministratori abbiano spesso rimediato delle figuracce e qualche rinvio a giudizio o che si rischi di candidare qualcuno senza manco esaminare il suo ‘curriculum’, tanto da non accorgersi che è stato eletto con altri partiti per altre cariche. In ogni modo il M5S viene largamente percepito da molti ‘sinistri’ e/o ‘destri’ come una forza che spinge verso radicali cambiamenti. Il partito ‘di destra’ per cui fa il tifo la persona a cui mi riferisco, invece, è troppo spesso considerato la stampella di un altro partito più forte, saldamente ancorato al sistema partitocratico.

Si dirà, secondo me a ragione, che nessun partito da solo può andare da nessuna parte e che non è tempo di affrontare una qualsiasi competizione politica con il solo scopo di offrire una testimonianza ideale, magari nobile finché si vuole, ma sterile perché porta a non contare niente ed a favorire i peggiori. Trovo convincenti questi argomenti e credo, poiché la politica è ‘l’arte del possibile’, che sia necessario accordarsi con altri con cui vi siano delle affinità. Ciò comporta la rinuncia di qualche pretesa e la smussatura di certi spigoli.  Non ha senso, però, appiattirsi sulle posizioni altrui fino a far scomparire la propria identità.

Tra l’altro una aggregazione non   preceduta da un confronto di idee a cui segua un programma di governo, verrebbe vista da molti come un modesto cartello elettorale, costituito per una prosaica spartizione dei collegi, in particolare di quelli più appetibili e sicuri. Per evitare questi fondati sospetti e la fuga verso altri movimenti che cavalcano la protesta popolare, la ‘destra’ non avrebbe dovuto limitarsi a chiedere il contrasto della immigrazione selvaggia e una severa punizione della delinquenza. Piuttosto avrebbe dovuto indicare quei ‘principi non negoziabili’ su cui fondare una sua proposta di riforma dello stato, a cominciare dal presidenzialismo, accompagnato da una partecipazione diretta ed attiva delle categorie del lavoro e della produzione alla vita politica, seguita dalla riforma della magistratura, dalla eliminazione di quelle norme che risultano essere garantiste solo per i farabutti e dannose per chi non lo è.  Avrebbe anche dovuto presentare delle proposte concrete per la lotta agli sprechi, alla corruzione ed alla evasione fiscale, per la partecipazione dei lavoratori alla gestione ed agli utili delle imprese, per l’incremento demografico e l’aiuto alle famiglie bisognose, per la collaborazione e l’aiuto ai Paesi da cui partono gli immigrati e per la riforma della UE, vista come Europa dei popoli e delle nazioni e non dei burocrati e dei finanzieri.

Capisco che questi sono obbiettivi molto ambiziosi, estremamente difficili da raggiungere e che non possono essere attuati dall’oggi al domani. Questa, però, è l’unica via che si deve seguire se si vuole far sopravvivere questa nostra nazione. Una simile destra, secondo me, avrebbe ricevuto consensi maggiori dai ceti più deboli, che si sentono abbandonati anche dalla sinistra terzomondista ed internazionalista, più interessata ai problemi dei clandestini che ai loro. Una volta fissati questi paletti, quel partito avrebbe dovuto concordare le alleanze elettorali e programmatiche integrando ed armonizzando le sue richieste con quelle degli altri elementi della coalizione.

Purtroppo tanti cittadini non   avvertono nella destra questa volontà di riformare lo stato dalle fondamenta e si lasciano ammaliare dal canto delle sirene pentastellate. Non pensate, cari ‘destri’, che se il vostro partito si fosse presentato come una forza di cambiamento, credibile proprio perché inserita in una coalizione che avrebbe puntato al governo nazionale, avrebbe allontanato la tentazione di diaspore verso altri lidi in cui, beninteso, i fuoriusciti potranno trovare solo pericolose sabbie mobili?

Vittorio Guillot, 31 Gennaio 2018