Partito Democratico, tre proposte di riforma firmate Balbina

Ancora riflessioni in seguito ai risultati delle politiche dello scorso febbraio. Giancarlo Balbina, militante del Partito Democratico, propone alcune soluzioni per ritrovare la fiducia e il consenso di parte dell’elettorato, deluso dal “vecchio” sistema partitico.

L’arrivo in Parlamento del M5S apre scenari nuovi ed imprevedibili. Per dare una idea dello sconvolgimento in atto, basti osservare che i due maggiori partiti nazionali, PD e PDL, che nel 2008 rappresentavano il 70% degli italiani, oggi non rappresentano nemmeno il 50% dei votanti, superati dal M5S, diventato primo partito alla Camera. In Sardegna il movimento stacca il centro-sinistra di quattro punti e il centro-destra di sei.

I consensi persi dai due partiti si misurano in milioni di voti, soprattutto fra le giovani generazioni. Fra i nuovi votanti più di un milione e trecentomila hanno scelto il M5S, che raggiunge quasi il 18% fra i giovanissimi. E il PDL si sarebbe già dissolto se non fosse tornato Berlusconi in fretta e furia a salvare il salvabile (poco per la verità); e il centro-sinistra che doveva vincere con un netto margine in definitiva ha perso anche questa tornata elettorale. In particolare, il PD si è attestato intorno ad un insufficiente 25%, quando era dato ad oltre il 30%, palesando una incapacità di fondo di intercettare il malcontento sociale, soprattutto giovanile, nella convinzione che bastassero le primarie per riavvicinare la gente al partito.

E, invece, non è bastato, perché è inutile chiamare il proprio popolo alla partecipazione con un voto in sezioni abbellite all’occorrenza, quando poi non si sa dire una parola netta sull’austerità economica che sta massacrando imprese e famiglie, sulla pressione fiscale alle stelle, sui giovani abbandonati a sé stessi, e ci si trascina per tutta la campagna elettorale in un demenziale balletto Monti sì-Monti no. Ora il segretario Bersani, fra i primi punti qualificanti da discutere con Grillo, mette la riforma dei partiti, a partire dai rimborsi elettorali.

Ho l’impressione, però, che questo punto arrivi in grande ritardo, quando ormai i buoi sono scappati dalle stalle. I partiti tradizionali praticamente non esistono più, solo il PD mantiene una struttura capillare sul territorio fatta di antiche sezioni. Ma che partito è il PD? E’, purtroppo, un organismo dominato da correnti che sembrano altrettanti partiti indipendenti, in furiosa e perenne lotta l’una contro l’altra, funestato da personalismi e da rivalità che non si ricompongono mai, e dove vige ancora la novecentesca pratica delle tessere, ovvero chi può “farne” di più, più conta. Ma è soprattutto un partito chiuso nel palazzo e senza appeal. Non ci si può sorprendere se poi si perdono le elezioni e se il M5S, sulle ali della sola protesta, diventa il primo partito anche in città.

Se potessi fare tre proposte, come militante di base, alla Segreteria cittadina, in previsione della prossima imminente fase congressuale, consiglierei di abbandonare, senza troppi indugi, l’obsoleta pratica delle tessere e sostituirle con una semplice dichiarazione personale di adesione gratuita. Sarebbe, questo, il primo vero e importante segnale di cambiamento. La seconda sarebbe quella di farsi portatrice di una nuova procedura di elezione diretta del segretario cittadino, che non potrà avere più di 40 anni e durare in carica per più di 4 anni. Potranno partecipare gli iscritti e dovrà essere aperta a tutti coloro che vorranno votare. La terza è quella di mandare in Rete i direttivi del partito, rendendo pubbliche le discussioni e le decisioni adottate, e invitando a partecipare, di diritto, le associazioni di categoria, quelle del volontariato e dei giovani della città. Non comprendere che è definitivamente tramontata l’epoca dei conclavi partitici affidati ai soli “addetti ai lavori”, sarebbe imperdonabile. Potrebbero essere questi i primi atti di una riforma che parte dal basso, e che va nella direzione della trasparenza e delle richieste che provengono dai cittadini.

7 Marzo 2013