Suicidio della Politica: la legge non prevede la soppressione del politico

Che il livello di credibilità raggiunto dalla politica sia fra i più bassi di tutti i tempi, compresi quelli bui di Mani Pulite, è attestato dalla considerazione che essa gode oggi non solo fra i cittadini, e questo potrebbe essere comprensibile, ma anche fra coloro che la esercitano con una certa “vicinanza”. Ciò che sta accadendo oggi, infatti, intorno alla nomina del Presidente del Parco di Porto Conte, ha qualcosa di paradossale, se non fosse la spia del profondo stato confusionale nel quale la politica “vive” se stessa: infatti, secondo la vulgata di alcune forze presenti nel neonato Consiglio Comunale, nessuno dei consiglieri eletti in maggioranza, non solo non ha la competenza, ma nemmeno la statura morale, di poter rivendicare una carica come quella del Parco, perché “partitica” e “spartitoria”, e, quindi, la stessa deve essere affidata, di necessità, a qualche personalità esterna al mondo “inquinato” e impresentabile della politica. Cioè, dunque, al proprio stesso mondo, a quello che si è deciso di appartenere per libera scelta e vivida passione personale.

Ma allora verrebbe da chiedersi: perché ci si è candidati? Perché quelle stesse persone che non più tardi di tre mesi fa, si ponevano in gioco, andando a chiedere il voto ai cittadini, e ricevendo consensi anche di centinaia di voti, appena occupato lo scranno comunale, diventano improvvisamente indegni di ricoprire qualsiasi carica pubblica? Quale odiosa magia nera o “rito voodoo” trasforma, in così breve tempo, persone per bene in inaffidabili soggetti in mano alla piovra politica? Non si può dimenticare, del resto, che quelle stesse persone che si accusa, dal suo stesso interno, di “logica proprietaria e spartitoria”, sono le stesse che dovranno prendere decisioni importanti per la città, avendo avuto la legittimità, per farlo, dal voto popolare. Se li si ritiene inaffidabili per una carica pubblica, non si comprende come possano diventarlo in un contesto, ben più pregnante, di decisioni politiche collettive. In realtà, questa logica schizofrenica e da curatori fallimentari della politica, lungi dal rappresentare un’autentica prassi di rinnovamento, produce una maggiore incertezza e sfiducia nei cittadini, inducendo ad un vero e proprio suicidio della politica. Del resto, nessun massimalismo auto flagellante può nascondere un fatto: come dimostra la cronaca di tutti i giorni, la scelta tecnica o esterna alla politica, non mette al riparo da possibili atti di corruzione o di palese inadeguatezza all’incarico ricevuto. Chi può dire, per esempio, che mettendo un tecnico alla guida del Parco (magari un manager, un biologo o chimico), certamente con un ottimo curriculum, non possa poi rispondere a forze politiche presenti in Consiglio o ad interessi privati che provengono dalla società civile?

Chi può dire che farà, sempre, le scelte migliori? Vorrei ricordare, che la normativa in vigore (art.4 del D.Lgs. 165/2001), prevede la separazione fra politica e amministrazione, non la soppressione dell’una a vantaggio dell’altra: alla politica rimangono, per legge, le funzioni di indirizzo e gli obiettivi generali, trasfusi in programmi, che poi spetta all’apparato tecnico realizzare in atti amministrativi conseguenti. I governi dei tecnici, a tutti i livelli, compresi quelli locali, o di enti partecipati, sono eventi circoscritti e temporali, che devono subito lasciare il passo a governi della cosa pubblica di matrice e di indirizzo politico. Questa è la democrazia. Questo è ciò che la legge assegna alla politica. Le fughe tecnocratiche o giudiziarie conducono non solo lontano da essa, ma, spesso, in vicoli ciechi, deresponsabilizzando le classi dirigenti democraticamente elette. A questo riguardo, ritengo imprescindibile l’azione di coesione che deve essere svolta dal Sindaco, nonché Capo della coalizione, nel ricondurre le varie anime della stessa ad una assunzione di responsabilità nei confronti dei cittadini e del programma con cui ci si è presentati agli elettori.

17 Settembre 2012