Presidenze di Enti pubblici ad Alghero: la meritocrazia diventa anche da noi un optional?

L'opinione di Vittorio Guillot

Nuova Amministrazione Comunale ma niente di nuovo  nell’attribuire presidenze di enti pubblici. Leggo che i Leaders Massimi del comune di Alghero sono impegnatissimi nella spartizione tra i loro tirapiedi delle presidenze e direzioni di vari Enti pubblici, ovviamente nel pieno rispetto del vergognoso manuale ‘Cencelli’. Le capacità professionali ed amministrative di tali presidenti e dirigenti e la meritocrazia sono cinicamente considerati inutili ‘optionals’ rispetto a quella dell’ appecoronamento al politicante di turno. Questo è un pessimo segnale perché indica che a questa amministrazione non interessa affatto lo sviluppo civile ed economico di questa città ma vuole continuare col nefasto sistema clientelare e partitocratico che ha rovinato Alghero e l’Italia. E’ evidente anche ad un cieco, infatti, che la crisi economica che morde la nostra città e l’Italia intera è aggravata da una crisi morale e di sistema che ha radici lontane almeno 50 anni.

Certamente la mortificazione della meritocrazia ha una lunga storia e , ad Alghero come in tutta Italia, è imputabile alla partitocrazia, che ha costantemente anteposto gli interessi elettoralistici, personali e di bottega al bene comune. E’ anche imputabile all’ egualitarismo sessantottino che, sia nella scuola che, in generale, nella società, ha rifiutato di premiare, stimolare e apprezzare gli individui più capaci. Osservando la questione economica da semplice ‘uomo della strada’, e non rivestendo certamente i panni di economista, che non mi spettano, penso che per uscire dalla crisi economica debbano essere valorizzate al massimo, in ogni campo, le capacità professionali ed i meriti. Affidando, invece, Enti e amministrazioni varie ad incompetenti si ottiene solo il pessimo uso delle risorse, l’inadeguato sfruttamento delle potenzialità e lo spreco di denari pubblici. Ciò è quanto si è verificato, purtroppo, e continua a verificarsi, in tutta Italia, inclusa Alghero. E’ fuori dubbio, infatti, che le spese inutili, pagate con le tasse e, quindi, con i quattrini sottratti alle tasche dei cittadini, tolgono milioni di euro dal circuito economico ed arricchiscono solo pochi privilegiati. Perciò sarebbe necessaria una riforma della pubblica amministrazione che prevenga o, almeno, renda difficile la malversazione del patrimonio pubblico.

Il nostro comune, nel suo ambito, potrebbe largamente muoversi in tal senso, fin da ora, anche senza aspettare una più generale riforma della pubblica amministrazione. Se non agisce in tal modo mostra di essere in perfetta continuità col malgoverno che ha robustamente contribuito a prostrare questa città. Certo, estendendo il discorso al campo nazionale, è necessaria una riforma che separi nettamente le competenze del potere politico e legislativo da quelle della funzione amministrativa. E’ indispensabile, cioè, che si impedisca ai politicanti di nominare e interferire nelle nomine di dirigenti e dipendenti e, d’altro lato, occorre che le ‘baronie’ che si annidato negli alti apparati burocratici non possano interferire e vanificare a loro piacimento la applicazione di norme e leggi. E’ anche necessario che si colpiscano le ruberie e, quindi, che il sistema giudiziario e la stessa magistratura siano riformati profondamente in modo da far rispettare le leggi e la volontà del legislatore per far giustizia e colpire tempestivamente e senza indulgenze i pubblici ladri. Finché qualcuno non avrà la forza ed il coraggio di effettuare queste riforme radicali e democratiche il sistema partitocratico non consentirà di superare la crisi economica. Ecco perché questa crisi è strettamente legata al sistema istituzionale e costituzionale, oltre che alla pubblica moralità. Esaminando l’aspetto puramente economico della questione, penso che per uscire dalla crisi non ci si possa affidare esclusivamente al liberalismo ‘puro’ ed al ‘mercato’. Fra l’altro non ho fiducia nella automatica diffusione della ricchezza prodotta.

A mio avviso, se non ci fossero dei correttivi sociali, i detentori del capitale terrebbero per sè la massima parte dei profitti anche riducendo le masse alla fame. Perciò non mi piace il capitalismo selvaggio. A mio avviso, infatti, è economicamente inutile riprendere a produrre solo comprimendo i salari perché si rischia di aumentare le diseguaglianze economiche tra categorie e si penalizzano quelle più modeste. Queste, fra l’altro, sono più propense di quelle più ricche a spendere una percentuale maggiore dei loro redditi per beni e servizi indispensabili che, poi, sono quelli che hanno un effetto moltiplicatore sulla produzione. Piuttosto sono d’accordo con chi pensa che, seguendo una linea Keynesiana, per agevolare la ripresa non basti difendere le esportazioni ed il ‘made in Italy ’, ma occorra incrementare i consumi interni e la capacità di spesa dei cittadini. Questi consumi, infatti, metterebbero in moto la produzione e creerebbero investimenti, posti di lavoro e redditi. Occorre, perciò, combattere seriamente l’evasione fiscale e, come ho detto poco più sopra, dovrebbero essere eliminate le spese inutili e ridotte le tasse. Secondo voi, cari amici che leggete, il nostro Municipio, affidando i suoi Enti a persone senza arte né parte, credete che metta i nostri beni comuni nelle condizioni di essere ben gestiti e di rendere nel migliore dei modi? Io ne dubito fortemente, anche se spero di sbagliare.

A parte ciò, scomputerei dai limiti delle spese pubbliche quelle per investimenti tesi a produrre lavoro. In altre occasioni ho scritto di essere favorevole alla partecipazione dei lavoratori alla gestione ed agli utili delle imprese, in modo da coinvolgerli responsabilmente nei processi economici. Sono convinto, cioè, che sia giusto ed economicamente produttivo distribuire i dividendi tra chiunque collabora alla vitalità delle aziende. Aggiungo anche che è necessario giungere ad una riforma costituzionale che garantisca stabilità ai governi, come succederebbe con una repubblica presidenziale, e che, nello stesso tempo, assicuri al ‘Paese Reale’ di essere effettivamente rappresentato in parlamento, scalzando i gruppi di potere oggi dominanti. Riuscirà l’Italia a fare un simile passo? Riuscirà Alghero, nel suo piccolo, a non farsi fagocitare dal clientelismo? Il suo popolo ha la forza per pretendere simili, profonde riforme morali, istituzionali e costituzionali? Vi sono uomini e forze politiche disposti a farsi interpreti di queste profonde esigenze? Se la risposta fosse positiva sono certo che eviteremo la decadenza che ci minaccia, riusciremo a rivalutare scuola e ricerca scientifica ed a rinnovarci anche culturalmente. Riusciremo anche a fermare l’emigrazione dei giovani e cesseremo di essere un Paese in cui ci sono più vecchi che bambini e forze nuove. Se la risposta sarà negativa conviene che chi vale qualcosa abbandoni questo paese, fugga dove lo sanno meglio valorizzare e utilizzare e ceda il posto ai diseredati del terzo mondo perché saremo semplicemente fottuti.

Vittorio Guillot, 14 Gennaio 2015