L’occidente è al capolinea?

L'opinione di Vittorio Guillot

Un amica ha scritto “Noi non abbiamo più valori a cui far riferimento se non quelli libertari, vagamente morali, radicali, borghesi soprattutto economici”. Questa frase mi ha fatto riflettere soprattutto perché il dilagare della corruzione e del desiderio di lucrare su tutto, persino sulla pelle degli altri, a tutti i livelli, per il proprio profitto ed i propri vizi, è un fatto verissimo. Premetto di non accettare il relativismo assoluto, che poi è scetticismo, perché nega radicalmente ed a priori che vi sia una unica verità assoluta e, conseguentemente, una unica morale e che esse possano essere conosciute. Se si accettasse questo scetticismo, che senso avrebbe star qui a parlare, scrivere, discutere?

Vedendo un altro aspetto della questione, non vi pare che, se tutte le verità e le ideologie fossero vere e non ve ne fosse una sola buona e giusta, avrebbero una loro dignità anche quelle che giustificano il genocidio, lo sfruttamento e la sottomissione dei più deboli e quelle comunque totalitarie? Io non accetto questa impostazione radicalmente scettica e relativista che si riduce ad indifferenza tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, tra bene e male, tra libertà e tirannide. Non accetto, però, neppure quelle ideologie che, convinte di possedere la autentica verità, vogliono imporla con la forza a chi la pensa diversamente. Accetto, piuttosto, il relativismo come metodo di ricerca che ci dovrebbe mettere continuamente in discussione anche se porta gli uomini a possedere diverse convinzioni. Ciò perché credo che sia umano che, a causa dei nostri limiti, concepiamo la verità secondo diversi punti di vista. Ciò ci fa giungere a convinzioni e valori di riferimento diversi, che possiamo anche rivedere e correggere. Poiché la natura umana è sociale, è logico che persino i popoli accolgano diversi valori sociali che ne differenziano e specificano le civiltà e le culture.

Da ciò deriva che le mentalità e le aspirazioni variano secondo i popoli e le epoche. In altri termini l’uomo è sempre legato ad una componente storica, al suo ambiente ed al suo tempo. Ciò determina dei legami identitari molto profondi, espressi in modo non solo razionale ma, soprattutto, istintivo e passionale. Segue che i diritti ed i doveri legati, ad esempio, all’Occidente di oggi, non potevano esistere nella preistoria, nel medio evo o in altre parti del mondo. Con ciò voglio dire che l’uomo “universale” o “internazionale” è una astrazione pensata solo da noi occidentali. Perciò quando si parla di “diritti universali” occorre far attenzione a non confonderli con certi prodotti della nostra cultura. Altri popoli, infatti, hanno riconosciuto una forte autorità ai personaggi più coraggiosi, forti e saggi, che meglio li potevano guidare e proteggere contro le ostilità ambientali. Generalmente ciò è avvenuto a scapito della autonomia delle singole persone, anche se, d’altro canto, ha consentito loro di superare condizioni di vita molto difficili.

L’Occidente, invece, ha potuto valorizzare meglio la libertà dell’individuo. Fondamentalmente, e pur tra contraddizioni e spaventosi alti e bassi, tra luci ed ombre terribili, la nostra identità, proveniente dal cultura greca e romana, dal cristianesimo e dall’illuminismo, ci ha portato a credere in questi valori di libertà ed a quelli di sviluppo della persona umana e di giustizia sociale che le sono connessi. Io credo che la nostra civiltà ed il nostro popolo sia ancora profondamente agganciato a questi valori, anche se sono profondamente minacciati soprattutto dal suo interno. Questo mio sostanziale ottimismo non mi fa coincidere col pessimismo espresso dalla amica. A me sembra, infatti, che la stragrande maggioranza del nostro popolo, direi, se non gli fosse stata data una caratterizzazione politica, la “maggioranza silenziosa”, anche se non trova un leader o un partito che le consenta di esprimersi, non accetti la deriva morale che ci minaccia.

Questa minaccia, secondo me, proviene dal fatto che troppo spesso si pensi che il valore dell’uomo e della esistenza consista nelle sue ricchezze, nel guadagno, nel “business” e che non importi con quale mezzo esso sia stato ottenuto. Questo atteggiamento mentale favorisce i più spregiudicati che, pur di far soldi, non esitano a mettere sotto i piedi anche la loro mamma. Se la nostra vita collettiva si riducesse a questo, se prevalesse questa legge della giungla, se non si stabilissero e, soprattutto, non si sentissero e condividessero delle norme comportamentali, tese a tutelare altri valori sociali e non se ne punissero le violazioni saremmo fregati. Penso anche che una società che cerchi esasperatamente il solo benessere egoistico dell’individuo sia incapace di fare progetti per le generazioni future. Sarebbe anche destinata all’indebolimento del senso di appartenenza ad una certa comunità culturale e storica ed a quello di solidarietà. Una civiltà del genere su che basi potrebbe confrontarsi con altre culture? Cosa avrebbe da offrire agli altri di socialmente utile o in funzione di che cosa potrebbe, eventualmente, opporsi alla loro forza ed arroganza?

Io penso comunque che la nostra cultura, proprio perché ancora accettata da una stragrande maggioranza, anche se non riesce ad avere una guida ed una voce adeguata, sia ancora forte, seppure fortemente minacciata e manipolata. Se queste minacce ed il nichilismo che le accompagna dovessero prevalere, le altre culture, a cominciare da quella più aggressive (leggi integralismo islamico) finirebbero per vincerci. Esse, infatti, pur essendo per me assolutamente inaccettabili, hanno una loro visione di solidarietà sociale, di speranze, di identità e di valori che fanno presa su vastissime masse popolari. Noi, invece e purtroppo, finiremmo per non avere niente del genere da opporre a esse. Allo stato attuale la nostra cultura, però, ha ancora molto da trasmettere alle altre. Occorre che si riesca a vincere la tentazione e la propaganda che vogliono che ci comportiamo come “i porci del gregge di Epicuro” o come ” uomini lupi per altri uomini”.

Questa tentazione, ri- purtroppo, è fortemente sostenuta dai potentati economici e finanziari mondiali perché meno siamo solidali, più siamo divisi tra noi, più siamo deboli e maggiormente siamo in loro balìa. Non escludo affatto che tra questi potentati e il terrorismo islamico vi siano oscure trame. Pur con tutte queste le minacce, con tutti i nostri limiti, difetti e contraddizioni, abbiamo ancora una maggiore attenzione verso le esigenze delle persone e, più specificamente, verso quelle delle donne. Questa tendenza è apprezzata da molti soggetti di altra estrazione e potremmo trasmetterla se le loro culture di provenienza non si chiudessero nel dogmatismo integralista. Questa chiusura, in definitiva, è la loro debolezza, anche se è accompagnata da sopraffazione e violenza, perché ne impedisce l’evoluzione naturale e storica e le relega ai tempi più bui del medioevo. Il riferimento all’Islam ed a quanto avviene in Arabia, nell’Isis o in Iran non è per niente casuale come non è causale il riferimento al degrado dell’Occidente. Io spero, comunque, che in questa vita si possa stare meglio, e non solo in quella futura. Anche se la perfezione non è di questo mondo.

Vittorio Guillot, 4 Novembre 2014