Eutanasia, suicidio assistito, altri sistemi per rendere sopportabile il termine della vita umana

L'opinione di Vittorio Guillot

La cronaca di questi giorni ci porta a riflettere sulla legittimità della eutanasia, del suicidio assistito e del rispetto della vita e della morte. Premetto di avere la massima comprensione per chi, tormentato da grandissime sofferenze fisiche e psicologiche, fa delle scelte estreme. Umanamente non mi sento di condannare nessuno, neppure chi, spinto da amore verso costoro, agevola queste drammatiche decisioni. Non mi permetto neppure di ergermi a maestro di nessuno e di dare consigli e insegnamenti a chi sta subendo  situazioni tanto difficili. Solo Dio, infatti, può leggere fino in fondo nelle coscienze ed assolvere o condannare, non io. Al massimo voglio indicare come vorrei essere trattato io stesso se mi trovassi in quelle condizioni.

Fatta questa premessa, cerco di sintetizzare il mio modo di ragionare rispetto a questo problema. Comincio col constatare che l’uomo è un essere sociale. La socialità, cioé, é un elemento costitutivo della natura umana ,ed è indispensabile per la sua stessa vita. Segue che la funzione fondamentale della Società è quella di aiutare l’essere umano a vivere, ed a vivere nel modo migliore, non quello di ucciderlo. Perciò , secondo la mia logica, l’uccisione di un essere umano, anche se gravemente malato e minorato, è un atto contrario alla ‘funzione vitale ‘ della società ed all’aiuto a vivere nel miglior modo che, invece, essa deve offrirgli. Piuttosto, poichè la Società è composta da persone, la sua funzione di aiuto, protezione e difesa dell’individuo deve essere attuata con l’impegno di quelle stesse persone , ossia di ciascuno di noi, secondo le nostre capacità. , e può giungere persino a richiedere il ragionevole rischio della loro vita ed all’uso dell forza, direi, addirittura, della violenza, necessaria e proporzionata alla radicale neutralizzazione delle minaccie e della pericolosa aggressività di prepotenti e violenti.

La conseguenza di questa mia, e, spero, non solo mia, concezione è che la Società e lo Stato, che è la sua espressione giuridica, non può risolvere i problemi di coloro che soffrono e sopportano menomazioni fisiche e psichiche ed eliminare il loro ‘peso sociale’ facendoli fuori, secondo i metodi nazisti.La funzione della Società, infatti, comporta proprio la sopportazione di quel ‘peso sociale’, espressione che trovo addirittura orribile, anche se ricorrente. Non può neppure favorire il suicidio anzichè la assistenza e la solidarietà concrete, e non fatte solo di pacche sulle spalle e di solide prese per i fondelli. Semmai, anzichè ricorrere alla sbrigativa scorciatoia della eliminazione del sofferente, la Società dovrebbe ricercare ed attuare tutte le forme di assistenza che ne possono rendere per lo meno sopportabile il tratto di vita segnato dalla natura, senza neppure forzarne il percorso con inutili e perfino crudeli ‘accanimenti terapeutici’ . Sarebbe logico, in definitiva, eliminare il dolore o, almeno , alleviarlo fortemente, con tutti i mezzi resi disponibili dalla scienza, cercarne degli altri ancora più efficaci e, magari, ricorrere alla sedazione profonda. A mio avviso , in tal modo si attuerebbe il massimo grado di rispetto della persona umana, della sua dignità e della sua vita , consentendole di arrivare alla sua conclusione naturale.

Vittorio Guillot, 2 Marzo 2017