Coronavirus, la luce può uccidere il virus

In attesa di un vaccino efficace, gli studi preliminari sul potere dei raggi UV di uccidere il SARS-CoV-2 sono molto incoraggianti

Fin dalle prime fasi di esplosione di questa pandemia si susseguono gli interrogativi sull’influenza dei fattori ambientali, come il grado di inquinamento e la stagionalità con le sue caratteristiche climatiche. Nei regolari confronti con gli esperti di Salute e Benessere di HealthSpring.it ci sono state fatte più volte notare le differenti velocità di aumento del contagio, che hanno sempre fatto pensare a possibili benefici per il sistema immunitario da parte del sole (anche per mezzo della vitamina D) e delle sostanze contenute in molti frutti tropicali (abbondanza di vitamina C, vitamine del gruppo B e sali minerali non comuni nelle nostre produzioni).

L’Italia diventa protagonista con il primo studio sperimentale multidisciplinare specifico, effettuato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) e dell’IRCCS Fondazione Don Gnocchi. La ricerca si è concentrata sul potere della luce ultravioletta a lunghezza d’onda corta (radiazione UV-C), che era già nota per la capacità di combattere la proliferazione dei batteri. Una delle applicazioni più comuni è quella di illuminare e mantenere l’acqua igienizzata negli acquari, per mezzo di lampade al mercurio a basso costo.

Il già noto potere germicida della luce UV-C (che ha tipicamente una lunghezza d’onda di 254 nanometri, ossia 254 miliardesimi di metro) su batteri e virus, ha mostrato la sua efficacia nel neutralizzare il nuovo Coronavirus SARS-CoV-2. L’efficacia di questa parte dello spettro luminoso è dovuta alla capacità dei raggi UV-C di rompere i legami molecolari di DNA e RNA che costituiscono questi microrganismi. È sufficiente una quantità di luce equivalente a quella prodotta da una lampada UV-C collocata a pochi centimetri di distanza dall’obiettivo per qualche secondo (3,7 mJ/cm2), per inattivare e inibire la riproduzione del virus di un fattore 1000 indipendentemente dalla sua concentrazione.

Diversi sistemi basati su luce UV-C sono già adoperati per la disinfezione di ambienti e superfici in ospedali e luoghi pubblici, ma nonostante ciò prima di questo studio nessun altro scienziato nel mondo si era soffermato ad indagare quale fosse la quantità di luce necessaria per arrestare il SARS-CoV-2. Fino ad ora erano stati solo richiamati i risultati di altri studi condotti in occasioni di altre epidemie, provocate da agenti patogeni differenti.

Quanto ottenuto è importante per validare lo studio parallelo sull’efficacia della luce del sole negli spazi aperti, in base ai cambiamenti stagionali. In questo caso gli scienziati non sono  concentrati sugli effetti degli ultravioletti a onde corte, ma bensì quelli ad onde lunghe (raggi UV-A e UV-B). Pochi minuti bastano perché la luce ultravioletta del sole riesca a rendere inefficace il virus, come dimostrato da una recente misura in luce UV-A e UV-B del Laboratorio di Biodifesa del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Questo è uno dei fattori che ha favorito la diminuzione dei contagi nel tempo, ma non deve in alcun modo far abbassare la guardia dimenticando di mantenere il distanziamento sociale, l’uso di dispositivi di protezione individuali e la massima igiene delle mani.

Foto: ileap / Pixabay

 

20 Luglio 2020