Destra o Sinistra ?

L'opinione di Vittorio Guillot

Un tale mi ha etichettato spregiativamente, secondo lui, come ‘uomo di destra’ per certe cose che dico e scrivo. Anzi, poiché mi esprimo fin troppo spesso contro l’unico sistema, sempre secondo lui, progressista e ispirato alla autentica ‘liberazione dell’uomo’, che sarebbe quello comunista, sarei un fascista. Come me, secondo questa brutale semplificazione, sarebbero fascisti tutti coloro che non sono comunisti e si oppongono al tipo di presunto ‘progresso’ che esso rappresenterebbe. Quindi sarebbero borghesi e fascisti tutti coloro che sono di tendenze liberali, democristiane e persino socialiste, a meno che non si accodino ai comunisti, trasformandosi in quelli che Lenin definì ’utili idioti’. D’altronde questo fu l’insegnamento di Carlo Marx. Quel tale non si rende neppure conto che il germe del totalitarismo sta proprio nel ritenere che chi la pensa diversamente appartenga ad un razza reietta. Infatti le diverse ideologie e fedi religiose non sarebbero che delle ‘sovrastrutture’, create dal capitalismo, che andrebbero eliminate perché impediscono all’uomo di ottenere la vera ed unica giustizia sociale. D’altra parte cosa c’è da aspettarsi da chi non capisce che il dispotismo sta nel fatto che un partito-stato pretenda di imporre come, quanto, che cosa, a che condizioni e con quali sacrifici si debba produrre e si arroghi la facoltà di stabilire in che misura e con quali beni debbano essere soddisfatti i bisogni dei sudditi. Che ci vogliamo fare, nel mondo ci sono anche imbecilli di tal genere. Non è molto più rispondente alle esigenze umane che l’individuazione dei bisogni da soddisfare sia lasciata alla libera espressione personale della domanda e dell’offerta di beni e servizi? Lo stato, semmai, in un quadro di economia sociale di mercato, con la sua programmazione, le sue regole ed i suoi interventi, dovrebbe aiutare la domanda ad essere soddisfatta e a non restare in balia della speculazione capitalista. In altri termini, da un pezzo è giunta l’ora di superare le decrepite ideologie marxiste e liberiste. A me, comunque, le etichette, soprattutto se appiccicate a casaccio, non fanno né caldo né freddo perché so di rifiutare ogni forma di razzismo e totalitarismo. Ciò detto mi crucio ancor meno se mi si classifica come mentalmente appartenente alla destra sociale, che poco o niente ha a che fare con la destra economica che favorisce il capitalismo sfrenato a scapito degli interessi nazionali e dei diritti delle persone.

Secondo il mio modo di vedere e contrariamente alla destra economica, infatti, il lavoro non deve essere considerato come una semplice ‘merce di scambio ’ ma, più del capitale, deve essere il protagonista dello sviluppo e della economia. Perciò vedrei favorevolmente la partecipazione dei lavoratori alla gestione ed agli utili delle imprese. Ciò favorirebbe la vitalità di queste ultime e, in definitiva, gli stessi investimenti di capitali e dei risparmi. Non accetto neppure il dogma del ‘bilancio pubblico in pareggio ’. Sono, infatti, tendenzialmente keynesiano e credo che il debito pubblico o, addirittura, il deficit, possano dare una spinta positiva all’economia. Ovviamente le passività di bilancio non devono costituire la scusa per ruberie o per sprechi. Devono essere mirate, piuttosto, alla creazione di futuri redditi, consumi, produzione e sviluppo generale. Devono anche essere sostenibili e, quindi, occorre tener conto delle potenzialità economiche del territorio. Perciò, devono essere programmate e monitorate mentre i risultati devono essere verificati e devono essere apportate le eventuali correzioni. So di non dire niente di nuovo perché simili politiche economiche aiutarono gli U.S.A., l’Italia e la Germania ad uscire dalla grande depressione del ’29 e dalla catastrofe della 2^ guerra mondiale. Non mi riconosco neppure nella attuale destra politica italiana che, per incapacità, beghe personali, interessi di bottega e collusioni malavitose, ha contribuito, assieme alla sinistra, allo sfascio del Paese. Direi, piuttosto, che la mia sia una destra…. di sinistra, se questo termine non fosse contaminato dal comunismo, anche perché vorrei che il nostro sistema politico assicurasse un’ autentica partecipazione alle pubbliche decisioni dei cittadini, organizzati nei corpi sociali intermedi. In altri termini vorrei che si eliminasse la rovinosa degenerazione che la partitocrazia, dominata da partiti sempre più trasformati in comitati di affari, continua a produrre alla vita politica ed al popolo italiano. Questa mia profonda ripugnanza è molto simile a quella espressa dal Movimento 5 Stelle, di cui non condivido affatto le soluzioni proposte per uscire dalla crisi istituzionale e sociale che attanaglia l’Italia.

Innanzi tutto non so quali siano le proposte del M5S per risolvere la crisi delle istituzioni destinate al funzionamento della giustizia ed al suo  sganciamento dai reciproci condizionamenti con la politica, né quelle tese ad eliminare i danni di una burocrazia troppo spesso onnipotente ed inconcludente, né quelle tese ad assicurare stabilità all’ azione governativa, non rendendola ricattabile persino da gruppetti e personaggi piccoli piccoli. Del M5S non condivido neppure la così detta ‘democrazia diretta’, da attuare attraverso lo web. Quel sistema, infatti, non ampia ma restringe la partecipazione politica alle sole persone che dispongono di un computer, o di qualcosa del genere, che lo sappiano utilizzare bene e che abbiano il tempo di leggere, capire e valutare le tante proposte di legge nazionali, regionali e comunali su cui dovrebbero votare. Come gli stessi Grillo e Casaleggio hanno dovuto riconoscere, quel tipo di presunta ‘democrazia diretta’ non offre neppure alcuna garanzia che le informazioni in base a cui i cittadini dovrebbero votare ed i risultati ottenuti non siano manipolati, censurati e falsati da chi controlla il sistema informatico. Insomma, non garantisce che non si possa cadere in quella dittatura che Orwell descrisse nel romanzo 1984. A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi: ’ Beh! non ti va bene questo, non ti va bene quello, ma tu che cavolo vuoi? ’ Semplice: io desidererei che la reale partecipazione popolare alla politica ed alla programmazione economica fosse assicurata istituzionalizzando i corpi intermedi e le categorie socio-economiche in cui la comunità umana si organizza spontaneamente e di cui tutti i cittadini fanno parte in quanto sono, sono stati o vogliono essere dei lavoratori o, meglio, dei produttori.

Le assemblee di base di queste categorie dovrebbero scegliere e selezionare persino i candidati alle cariche legislative parlamentari, regionali e comunali. In tal modo i diversi interessi si confronterebbero liberamente e trasparentemente nelle sedi istituzionali. Gli eletti, a loro volta, dovrebbero periodicamente illustrare ai collegi elettorali il loro operato, le loro iniziative politiche ed i risultati ottenuti. Insomma, pur tenendo conto dei cambiamenti dovuti al trascorrere del tempo ed alle nuove situazioni, sono favorevole a quel Corporativismo democratico ipotizzato dal calvinista Althusius fin dal ‘500 e che si intravede nella Dottrina Sociale della Chiesa, nelle opere di Toniolo, nelle encicliche ‘Rerum Novarum’ e ‘Centesimus Annus ‘, nonché negli articoli di padre Bruculieri apparsi su Civiltà Cattolica negli anni ’20 e ’30. In questo quadro anche un partito sedicente cattolico, come la Democrazia Cristiana, avrebbe dovuto favorire l’istituzione del corporativismo democratico. Invece quel movimento politico, che ondeggiò tra posizioni prima neoliberiste e poi filosocialiste e, addirittura filocomuniste, non propose mai la presenza delle categorie socioeconomiche in parlamento e privilegiò il sistema partitocratico, di cui fu uno dei cardini. D’altra parte anche i capoccioni di Alleanza Nazionale, erede di quel M.S.I. che aveva propugnato il corporativismo democratico, una volta al governo scoprirono che era più comodo, facile e redditizio appisolarsi sulle soffici poltrone della partitocrazia che attuare quel progetto politico. La proposta corporativa apparve anche nella Carta del Carnaro ’, che non fu tanto opera di D’annunzio ma del socialista Alceste de Ambris , morto a Parigi , esule antifascista. Certo, il corporativismo fu anche ipotizzato dal fascismo, con la Carta del Lavoro ’ del 1927 e l’istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni mentre la partecipazione dei lavoratori alla gestione ed agli utili delle imprese fu tentata dalla R.S.I. Questo ultimo modello non mi va perché attuato, peraltro parzialmente, in uno stato totalitario che affidava le rappresentanze delle categorie sociali solo a individui nominati dal regime mentre io sono indiscutibilmente fautore di un sistema di libertà.

Tra l’altro vorrei che anche i partiti facessero parte delle assemblee legislative perché il loro ruolo sarebbe fondamentale per la democrazia e per il confronto di idee se fossero spurgati degli abusi di potere della partitocrazia. Per completare il quadro mi farebbe piacere che il governo godesse di un stabilità nel tempo che ne garantisse l’efficacia dell’azione e non fosse condizionato da bizze e ricatti di partiticchi, gruppetticchi, ominicchi che ne possono causare la caduta ad ogni piè sospinto. Per questo sono favorevole ad una repubblica presidenziale, sul modello francese, in cui il premier, democraticamente eletto per un determinato periodo, possa scegliere i ministri ed estrometterli nel caso che non funzionino come previsto. Poiché allo stato attuale non vi è nessun partito che rappresenti queste mie idee, non mi riconosco in nessuno di essi e voto per le persone che, di volta in volta, mi danno maggiore affidabilità e presentano dei programmi che mi sembrano meno peggio degli altri.

Vittorio Guillot, 1 Dicembre 2016