Dico la mia: “Il Pd e il rischio di un governo a larghe intese”

Che il Pd sia il partito con più chances di vittoria è diventato ormai il pensiero comune; resta da capire che tipo di governo riuscirà a costruire la coalizione guidata da Bersani. Infatti il Porcellum si caratterizza per un diverso premio di maggioranza tra Camera e Senato: se nel primo caso questo viene assegnato su base nazionale, nel secondo il premio lo si consegue su scala regionale; dunque la coalizione vincente alla Camera non necessariamente raggiunge la maggioranza al Senato.

L’attenzione quindi si concentra sul voto di quelle regioni che eleggono un alto numero di senatori: è il caso della Lombardia, della Campania e della Sicilia. Bersani dovrebbe vincere in due di queste regioni per ottenere una maggioranza in Senato formata dai soli Pd e Sel: ma se in Lombardia la partita sembra ancora aperta, in Campania e Sicilia Pd e Sel incontreranno più di una difficoltà: il nuovo polo creatosi a sinistra, Rivoluzione Civile, capeggiato dal magistrato antimafia Antonio Ingroia, vanta proprio in quelle due regioni un consenso (l’11%) di gran lunga superiore alle proiezioni su cui è data questa forza a livello nazionale (5,3%);

per giunta proprio in quelle regioni il Pdl poggia su dei candidati tanto poco raccomandabili per precedenti penali o processi in corso quanto forti per consenso elettorale (Cosentino è solo un esempio, ma potrebbe ritirarsi dalla competizione nelle prossime ore), mentre il Pd, azzerato in Campania e a Napoli dall’uragano De Magistris (anche lui convinto sostenitore della lista Rivoluzione Civile) e messo alle strette in Sicilia dal credito di fiducia di cui gode Ingroia, punta su candidature simbolo come Guglielmo Epifani e Sergio Zavoli in Campania, ma deboli sotto il profilo elettoralistico e sintomo di un partito che in quel territorio fatica a riconquistare un perduto radicamento.

In uno scenario del genere Pd e Sel, pur vincendo le elezioni, non ottengono la maggioranza al Senato. Preoccupano dunque le dichiarazioni di apertura da parte di Bersani e Letta verso la coalizione di centro-destra guidata da Monti e l’imbarazzante disponibilità da parte di Vendola per un appoggio esterno delle forze montiane: quello che in questi giorni il Pd sta dicendo è che, una volta vinte le elezioni e stabilito che in Senato la coalizione di centrosinistra non è in grado di formare una maggioranza, si guarderà verso Monti, Fini, Casini e Montezemolo.

Resta da chiedersi, oltre a quanto può durare una maggioranza che va da Sel a Fini, che cosa ne sarà dei profumi di sinistra auspicati da Vendola e ventilati da Bersani se per approvare una riforma sul lavoro o sulle pensioni o sulla ricerca e l’istruzione si dovrà mediare tra Montezemolo ed Airaudo, tra chi rappresenta il capitale e la finanza italiana e chi il lavoro salariato: secondo voi, da che parte penderà la bilancia?

21 Gennaio 2013