«A proposito di partitocrazia e riforme costituzionali»

L'opinione di Vittorio Guillot

Recentemente ho scritto che un popolo, ed espressamente quello italiano, se vuole uscire dalle crisi morali , politiche ed economiche, deve credere profondamente nei valori collettivi che provengono dalla sua cultura e che gli danno la forza per agire compatti verso un fine comune. In tal modo può, addirittura, tentare di progredire avendo come riferimento certi ideali di ‘natura e di diritti dell’uomo’ che, pur essendo astratti ed universali, possono servire come punto di riferimento e di stimolo per lo sviluppo civile. Il relativismo, ovviamente individualista se no che relativismo è) , sia di matrice marxista che capitalista ma, comunque, materialista, negando ogni valore assoluto , riduce tutto ad un riflesso dell’economia e, quindi, al solo valore di scambio delle cose e, purtroppo anche delle persone. Perciò non può costituire un elemento di coesione di un popolo e di slancio vitale verso il suo futuro.

Purtroppo il sistema politico italiano, fondato sulla partitocrazia ed i favoritismi, i privilegi ed il clientelismo che le sono collegati, trasforma inevitabilmente partiti in ‘comitati di affari’ che tutelano gli interessi dei loro affiliati, in danno a quelli degli affiliati ai clans rivali e, quel che è peggio, in danno all’interesse generale, altresì chiamato ‘bene comune’. Ciò ovviamente ostacola la coesione e la solidarietà e favorisce, al contrario , la disgregazione sociale e, quindi, la debolezza di un popolo. Io credo che questa situazione trovi le sue radici proprio nella nostra Costituzione che , perciò, dovrebbe essere profondamente riformata . A me, tanto per iniziare, non piace affatto l’art. 39 , che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica. ” Intendiamoci bene, in uno stato democratico il diritto di associarsi liberamente e di esprimere le proprie opinioni deve essere sacrosanto. Su ciò non ci piove proprio. Purtroppo, però, quell’articolo si spinge oltre alla difesa di questo sacrosanto diritto perché pone tutta la vita politica italiana in mano ai partiti tanto più che l’art. 94 stabilisce che il Parlamento ‘ fa le leggi e vota la fiducia al governo ‘ . Sono loro, così , i partiti, e solo loro, a determinare la politica di tutti gli Enti Pubblici, dalla stato ai comuni. O meglio la politica, a tutti i livelli, è determinata dai politicanti che, a tutti i livelli, controllano e dominano i partiti politici. Sono sempre loro, inoltre che, alla luce dell’art 83, eleggono persino il presidente della repubblica’. Aggiungo che in Italia si è arrivati all’assurdo che i partiti politici , approfittando del potere di fare le leggi, si sono infilati in tutti rami della pubblica amministrazione e dei pubblici servizi tanto che i loro massimi dirigenti sono troppo spesso nominati dai politicanti, secondo gli interessi di partito.

Ciò, ovviamente finisce per mortificare i meriti dei migliori e per danneggiare gli utenti. Pensiamo a cosa succede nella sanità e chiediamoci se al paziente interessi di più che il dirigente amministrativo ,il primario e l’infermiere sappiano fare professionalmente il loro lavoro o che tessera abbiano in tasca. L’invadenza dei partiti o, meglio, di chi li ha in mano, è favorita anche dall’art. 104 , sempre della Costituzione, che stabilisce che il Consiglio Superiore della Magistratura, che, badate bene , dovrebbe essere il suo organo di autogoverno e, quindi, dovrebbe garantirne l’indipendenza dal potere politico, sia eletto per 2/3 da magistrati, ma organizzati secondo correnti politiche, e per 1/3 dal Parlamento, ossia dagli stessi partiti politici. Lo stesso discorso vale per la Corte Costituzionale che, secondo la disposizione dell’art.134 della nostra Magna Carta, è eletta per 1/3 dai magistrati, per 1/3 dal parlamento e per 1/3 è nominata dal Presidente della Repubblica, a sua volta eletto dai partiti che stanno in parlamento. E’ evidente, a questo punto, come i partiti politici abbiano invaso tutta la vita pubblica , grazie alle disposizioni costituzionali e tradendo persino la famosa ‘tripartizione dei poteri’ , su cui dovrebbe fondarsi lo stato moderno e democratico. Come conseguenza di ciò , il popolo ed i cittadini che non sono legati alle segreterie dei partiti non hanno alcuna voce ‘colà dove si puote’, e, di conseguenza, non sono affatto determinanti nelle scelte pubbliche. Questo è il succo della partitocrazia, in virtù della quale il kapò di qualsiasi partitello e correntella può rivolgersi a qualsiasi cittadino con lo stesso atteggiamento strafottente del marchese del Grillo: ‘Io so’ io e voi nun siete un c…o!’

Logicamente , e senz’atro giustamente, i partiti accettano nelle loro file solo le persone gradite. Ci mancherebbe altro che debbano accettare chi non si riconosce in essi! Ciò non toglie che, comunque sia, la vita pubblica resta nelle mani della minoranza di individui ammessa a far parte di quei ristretti clan e le faide interne ad essi hanno, al massimo, provocato la sostituzione di un caporalato con un altro. Perciò dire che essi non siano dei ‘comitati di affari’ che rappresentano solo gli interessi dei loro soci è una fandonia. Certo il cittadino può votare, ma oggi può votare solo per i candidati che chi controlla i partiti include nelle liste elettorali. Credete che costoro, se eletti, possano non obbedire agli ordini di chi li ha inclusi in quelle liste o vogliano rifiutare quegli ordini, a cui è legata la loro mangiatoia? A mio avviso possono senz’altro passare da un greppia ad un’altra più accogliente e sicura, ma solo sottomettendosi ad una altro padrone politico, al quale possono senz’altro portare in dote una manciata di voti clientelari. Quindi, cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia e la rappresentanza dei diritti e degli interessi della gente comune resta sempre fuori dalle stanze del potere. Al di là di ogni retorica , non credete che questo andazzo renda la nostra democrazia assolutamente imperfetta , e infetta, e che la nostra vita politica sia in mano ad una oligarchia semifeudale che continua a fare sfacciatamente i propri interessi e quelli dei propri lacchè, malgrado le urla di rabbia che si levano da tutto il Paese?

Quindi la partitocrazia è un vizio insito nella nostra stessa Costituzione ed il fatto che a nessuno sia neppure passato per i capo di dichiarala ‘incostituzionale’ ne è la conferma. Recentemente qualcuno ha detto che, se i partiti non rispondono alle esigenze popolari , i cittadini sono liberissimi di costituirne degli altri, più rispondenti alle loro idee. Per quanto, come spero di chiarire, in ciò ci sia un fondo di verità, questa espressione può essere considerata una barzelletta. Infatti la formazione di un partito e la sua organizzazione comporta dei costi giganteschi, che possono essere sostenuti solo da chi possiede enormi mezzi finanziari. Credete che Forza Italia sarebbe mai potuta esistere se non ci fossero stati i quattrini di Berlusconi o il M5S senza quelli di Grillo e Casaleggio? Che cosa sarebbe stato il P.C.I. senza i finanziamenti dell’Unione Sovietica o la D.C. senza quelli degli americani e del Vaticano? Francamente non credo neppure che le riforme istituzionali e la legge elettorale proposte da questo governo consentiranno di estirpare la mala pianta della partitocrazia. Mi pare, in proposito, che, con un senato non più eletto in modo diretto, anche il Parlamento diventerà più efficiente e veloce nel votare le leggi .

Temo, però, che quella Istituzione sarà ancora più sottoposta ai capi partito e più lontana dai cittadini. Col ‘premio di maggioranza’ ed i capi lista ‘bloccati’, si darà , inoltre, maggiore stabilità al governo, cosa che apprezzo. Però si allenterà ancora di più il rapporto tra elettori ed eletti e si rafforzerà il legame tra questi ultimi ed il capataz a cui devono il posto in lista. E ciò non lo apprezzo più, perché aumenterà l’ipoteca partitocratica. Per reagire a tale oppressione occorrerebbe organizzare socialmente ed istituzionalmente le forze del lavoro, comprendenti quelle imprenditoriali, perché possano resistere al peso del capitalismo e della grande finanza, che fanno un unico blocco, un sistema, con la partitocrazia. Io non credo , sia chiaro, nelle rivoluzioni violente o nei colpi di stato che sembrano rovesciare una situazione degenerata ma che, a ben vedere, passata l’euforia momentanea, ci si accorge che hanno modificato ben poco. Al massimo i rivolgimenti rivoluzionari , comprese le guerre, possono servire a dare una spallata a sistemi che autoritariamente resistono alla volontà e agli interessi radicati dei popoli. Io credo .

Ritengo molto più utile una presa di coscienza generale che possa veramente far emergere i valori maturati dalla cultura e dagli interessi reali di un popolo e portare a dei cambiamenti nel modo di agire delle masse. Queste ‘rivoluzioni culturali’ fanno crescere civilmente una collettività e, attraverso il voto, ne modificano profondamente ed in modo duraturo la vita e le istituzioni . Certo, occorrono dei capi, occorrono dei gruppi dirigenti ed occorrono dei partiti politici che sappiano e vogliano riformare radicalmente politica e Costituzione in modo da dare effettivamente ai valori ed al ‘bene comune’ il ruolo di guida della loro vita. Cosa spero, a questo punto, da un uomo, da un gruppo e da partito politico perché possa proporsi come rigeneratore della vita della nazione? Preferisco rinviare la questione ad una altra occasione. Per ora, cari amici che avete avuto la pazienza di leggermi, spero di essere riuscito ad esprimere che la mia totale ostilità non è rivolta ai partiti politici in quanto portatori di idee e, tanto meno, al sistema democratico. La mia ostilità è rivolta senza dubbio a questo sistema ipocritamente democratico ma autenticamente oligarchico e partitocratico che, ahime!, trova il suo sostegno proprio in questa formulazione della nostra Costituzione repubblicana.

Vittorio Guillot, 11 Marzo 2016