Salute, l’esodo dei pazienti sardi
L'opinione di Uccio Piras
Il caso: in crescita la pre-specialistica ambulatoriale in trasferta. 320 mila prestazioni richieste. In 14 mila (100 mila giornate di ricovero, dati Istat) hanno lasciato l’isola per farsi curare. I più per problemi oncologici, cardiaci, muscolo scheletrici e di riabilitazione. Quasi 100 mila giornate di ricovero, ma il vero TREND in crescita è quello della specialistica ambulatoriale: quindi 320 mila le prestazioni richieste. Specchio di una sanità nel pantano, con le liste d’attesa infinite. Bisogna partire dalla medicina del territorio, per avvicinarsi ai cittadini. Liste d’attesa, nessuna riduzione: un anno e mezzo per una risonanza. Dal 2019 al 2024 il sistema ha erogato un milione di prestazioni in meno. Non se ne esce, la situazione delle liste d’attesa non migliora di una virgola.
Nonostante le risorse mirate, gli incentivi ai medici, gli accorgimenti per allungare un po’ i momenti delle erogazioni (scarsi, a dire il vero perché in linea generale nel weekend è praticamente tutto chiuso), nonostante l’avvio delle misure volute dalla legge nazionale per aggredire l’incubo, i pazienti sardi hanno sempre molte difficoltà di accesso alle cure. Le prestazioni complessive erogate ai sardi dal pubblico e dal privato convenzionato sono crollate. In cinque anni, un milione in meno. Fare una colonscopia è una vana speranza.
Nella Asl di Cagliari, monitoraggio di marzo scorso, le prime disponibilità previste sono: 617 giorni al Santissima Trinità, 559 giorni al San Marcellino di Muravera, 444 giorni al San Giuseppe di Isili (dati Istat). Altri dati preoccupanti per l’intera isola, li ha illustrati Luigi Minerba, professore di Statistica Medica, al convegno di Federsanità che si è tenuto a fine maggio. Per una visita cardiologica si può attendere anche 211 giorni; Per una visita endocrinologica 400 giorni; per una pneumologica 310 giorni; per una TAC dell’addome completo 224 giorni; per una risonanza della colonna cervicale, toracica, lombosacrale 230 giorni.
Come si sa ci sono delle classi di priorità, urgente da eseguire entro 72 ore; breve entro 10 giorni, ebbene entro i termini fissati il sistema riesce a garantire appena il 65% delle prestazioni. Comunque le liste d’attesa travasano sul Pronto Soccorso, dove stanno aumentando gli accessi.
Tra il 2019 e il 2024 la rinuncia alle cure è aumentata, anche le famiglie più “attrezzate” non ce la fanno a sostenere cure in privato; Inoltre abbiamo un forte deficit di capacità erogativa con un milione di prestazioni in meno rispetto al periodo pre Covid. Ancora, ci sono 100 mila persone all’anno che non si presentano agli appuntamenti, oppure che disdicono all’ultimo minuto e questo fa sì che tutte queste visite vadano perse. Tutto ciò per dire che la situazione è complicata, ma che si sa dove intervenire.
Stiamo ragionando su prescrizioni, prenotazioni, erogazioni. Si fanno riunioni continue con sardegna.it per correggere gli errori informatici; si lavora con un gruppo di medici di medicina generale e con i Commissari straordinari delle Aziende; Bisogna rendere effettivi i percorsi di tutela; dobbiamo coinvolgere maggiormente i cittadini, fare comunicazione ed informazione, spiegare l’importanza di partecipare agli screening gratuiti.
Il territorio: il problema verso la carenza di medicina nel territorio, da qui bisogna partire, con metodo, attraverso una serie di punti codificati verso l’obiettivo finale, dedicando persone, attenzione, organizzazione ed investimenti. Dobbiamo puntare sulle strutture di comunità, presidi multifunzionali vicino ai cittadini e facilmente accessibili; dove si trovano medici di base, infermieri, alcuni specialisti, la possibilità di fare analisi chimico-fisiche, radiologiche e diagnostiche. In questo modo il paziente ha immediatamente l’attenzione di cui necessita e se si riscontra un problema più serio, viene inviato verso strutture ad alta specializzazione, insomma, si individua subito il percorso corretto. Se non si comincia da qui non si risolvono né i problemi del pronto soccorso né quelli d’attesa che sono strettamente legati. Ci sono i fondi del PNNR per realizzare queste strutture, e tanti altri. Ecco i progetti si stanno portando avanti nei luoghi giusti, cioè dove i pazienti oggi non trovano risposte? e comunque a che punto siamo realmente? Ad Maiora.
Uccio Piras


















