Le immigrazioni, le emigrazioni e l’assessore alle politiche sociali della Sardegna

L'opinione di Vittorio Guillot

Di recente l’assessore regionale alle politiche sociali,  Arru, ha dichiarato che: “I migranti sono gli unici disposti a fare i lavori sporchi, umilianti e pericolosi e farebbero bene anche al Pil sardo”. Questa espressione è terribile perché  potrebbe richiamare e giustificare, spero inconsapevolmente, l’atteggiamento mentale dei vecchi colonialisti e, addirittura, degli schiavisti e dei moderni ‘caporali’. Anche questi, infatti, ricorrevano, e ricorrono, alla manodopera ‘negra’ e, comunque, del terzo mondo, per svolgere i lavori peggiori,  che i ‘bianchi’ avrebbero svolto mal volentieri, o non avrebbero svolto affatto, ed a costi nettamente superiori. Quella  dichiarazione suona anche come una espressione che considera l’arrivo dei ‘migranti’ solo dal punto di vista dei presunti vantaggi economici che ne deriverebbero,  come l’ipotetico aumento del  PIL regionale,  senza tener conto degli aspetti umani e dei problemi e disagi di vario genere che ricadrebbero sulle popolazioni locali e sugli stessi ‘migranti’. Non si tiene conto, ad esempio, che farebbe il gioco  degli speculatori senza scrupoli che,  aggirando  senza troppa difficoltà le  garanzie offerte dalle leggi, preferirebbero assumere  personale più disposto a fare i lavori più gravosi, senza preoccuparsi della loro sicurezza , delle condizioni igieniche e sanitarie  e per salari più bassi.

Il cosidetto ‘mercato del lavoro’ verrebbe drogato perché i nostri lavoratori, se volessero  evitare l’emigrazione e campare magari miseramente , dovrebbero adattarsi alle esose pretese dei ‘datori di lavoro’. In tal modo  la nostra società  arretrerebbe di oltre cento anni.  Purtroppo la decisione di ricorrere alla manodopera forestiera per riempire i vuoti dovuti allo spopolamento ed al calo delle nascite nasconde una carenza politica profonda ed una totale assenza di un progetto  per lo sviluppo del popolo sardo .

E’, infatti, solo una scorciatoia che  mostra la incapacità di sviluppare una autentica politica sociale , fatta di sostegno alle persone ed alla famiglia. Una politica che, invece, dovrebbe puntare alla eliminazione delle spese utili solo a fini clientelari ed elettorali ,che  combatta seriamente  l’evasione fiscale,che   stronchi la corruzione anche togliendo di mezzo , senza remissione e  per sempre dalla vita pubblica i corrotti , che miri a realizzare asili, dopo scuola, strutture sportive e ricreative, colonie estive (marine e montane), a favorire il turismo popolare e centri di accoglienza e svago per anziani ed aiutare finanziariamente le famiglie numerose e bisognose,che costruisca case popolari, in barba alle ingiuste pretese degli speculatori dell’edilizia, od agevoli l’acquisto della casa per quelle stesse famiglie. Lascio perdere il discorso sulla sanità che è già stato specificamente affrontato in altre occasioni.

Occorre, cioè, una autentica politica sociale e di tutela delle nostre genti di Sardegna e delle nostre tradizioni, una politica, cioè, che si impegni dal punto di vista culturale, tramite il cinema, la tv., i giornali ed ogni genere di Mass Media,  a combattere la mentalità che induce a fare meno figli, anche se si è in condizioni economiche discrete. In questo modo si realizzerebbe uno stato ‘sociale’ che guardi ai ragazzi, ossia al futuro del nostro popolo, e ne scoraggi la fuga.Solo dopo aver sviluppato una simile politica si può esaminare la possibilità di aprire le porte alla immigrazione, accettando, senza distinzione di sesso e razza, come dice l’art.3 della Costituzione,  chi è disposto ad integrarsi rispettando le nostre leggi e regole e respingendo chi, invece, intendesse imporre la sua  cultura o subcultura. Purtroppo per i politici di bassa tacca è più facile favorire l’arrivo di chiunque, senza considerare di chi si tratta e se viene con spirito pacifico od aggressivo. Sembra, anzi, che faccia quasi piacere  che i nuovi arrivati siano abituati  nella  loro  terra di origine   a vivere di stenti e non abbiano, quindi,  quelle esigenze di vita ‘civile’ che giustamente hanno i nostri cittadini, giovani e non giovani. Da un’attenta analisi sembrerebbe che l’atteggiamento dell’assessore possa nascondere, sicuramente in modo inconsapevole, una forma di sfruttamento della indigenza dei migranti. Non condivido  che un simile atteggiamento  possa essere accettato da un Assessore alle Politiche sociali che, per di più, si autodefinisce democratico e  progressista! 

26 Gennaio 2018