Air-gun, Schlumberger e idrocarburi in Sardegna (II parte)

Il fronte No Air-gun in Sardegna si fa sempre forte. Ma come e perché si è arrivati a questa situazione? E cosa succederà?

CACCIA AL TESORO
L’Air-gun è la tecnologia di prospezione sismica per le ricerca di idrocarburi nei fondali marini più testata e diffusa, non solo nel Mediterraneo, ma nei mari e negli oceani di tutto il mondo. Consente un’ottima definizione dei dati e viene considerata la soluzione migliore per i rilievi sismici offshore sia dal punto di vista dell’impatto ambientale – non prevede l’utilizzo di esplosivo e nemmeno la posa di strumentazione sul fondale -, sia per l’ottimo rapporto tra costi ed efficienza.

Illustrazione funzionamento air-gun - Fonte: www.aapg.org

Illustrazione funzionamento air-gun – Fonte: www.aapg.org

Tecnicamente, l’air-gun è costituita da due camere cilindriche chiuse da due pistoni (pistone di innesco e di scoppio) rigidamente connessi ad un cilindro provvisto di orifizio assiale che libera in mare, istantaneamente, aria ad una pressione compresa tra 150 e 400 atmosfere. La Schlumberger prevede di acquisire dati per circa 7 mila e 300 chilometri di tracciato di air gun, grazie a un “bombardamento” che potrebbe durare dieci settimane. Gli spari si alternerebbero a distanza 5-15 secondi l’uno dall’altro e avrebbero una potenza sonora compresa tra i 240 e 260 decibel, con un range di frequenza che va dai 100 ai 1500 Hz. Il martello pneumatico che vi sveglia ogni mattina non supera i 100 decibel, ad esempio. Il motore di un jet a massima potenza, invece, si assesta sui 140-150.

Per fortuna in mezzo al mare non disturbano nessuno. Più o meno.

IN FONDO AL MAR
La tanto desiderata Zona E occupa un perimetro di mare molto vicino a diverse aree protette. Su tutte spicca il Santuario Pelagos: compreso nel territorio italiano, francese e monegasco, è classificato come Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo. Ha una superficie di 87 mila e 500 chilometri quadrati, di cui 25 mila e 500 di competenza italiana. Questa zona di mare è caratterizzata, appunto, da una massiccia concentrazione di cetacei. Sguazzano liberamente nel Pelagos: balene, balenottere, capodogli, delfini, orche e altri simpatici mammiferi marini.

Il Santuario Pelagos e la Zona E

Il Santuario Pelagos e la Zona E

Sul sito OBIS-SEAMAP è possibile avere un’idea del “traffico” dei mammiferi marini proprio nel perimetro della Zona E, grazie alla mappa delle osservazioni. Lo stesso studio ambientale della Schlumberger si avvale del servizio, rivelando che sì, quel tratto di mare è abbastanza frequentato.

Mappa osservazioni cetacei - Fonte: OBIS-SEAMAP

Mappa osservazioni cetacei – Fonte: OBIS-SEAMAP

Oltre al Santuario Pelagos e ai suoi cetacei, sulla costa occidentale sarda sono presenti diverse aree marine protette pericolosamente vicine all’area richiesta dalla compagnia franco-texana: Capo Caccia, Asinara, Isola Piana, Stagno di Cabras e di Mistrars, Isola di  Mal di Ventre e altre ancora.

Aree protette Sardegna

Aree protette Sardegna

Come conciliare, dunque, l’attività di prospezione e ricerca con il naturale e placido scorrere dalla vita sott’acqua? E se venissero trovati dei giacimenti – come è probabile –  quali sarebbero le conseguenze?

Continua…

Nell’articolo precedente: Venghino signori, venghino / Suona il campanello

Ignazio Caruso, 8 Luglio 2014