Un algherese contro la soppressione della Messa in Catalano

L'opinione di Giancarlo Ballone "sul silenzio delle benemerite associazioni a tutela della nostra identità culturale".

Caro Direttore, dopo il lungo silenzio che ha seguito la mia ultima lettera da lei gentilmente pubblicata nel suo giornale, le scrivo nuovamente non potendo più sopportare il silenzio delle associazioni per la tutela della nostra identità culturale. Ho molto rispetto di molti di loro che conosco ed ammiro per il loro impegno. Da tanti anni si battono perché tutto ciò che i nostri avi ci hanno lasciato in eredità, la lingua, le tradizioni, la cultura della tolleranza, le poesie, tradotte in bellissime canzoni ed altro ancora, possa essere tramandato alle generazioni future.

In questo ultimo periodo, in molteplici anni tutto questo impegno sembra affievolito dal momento che non ho sentito nessuno di loro chiedere al Vescovo perché abbia soppresso, con tanta disinvoltura, la nostra ormai storica Messa in lingua Catalana. Lo dico a chiare lettere: questo vescovo è riuscito con il suo atteggiamento a farmi allontanare dalla chiesa. Mi ha deluso questo vescovo sovrano, che non riesco a chiamare e a sentire come nostro BISBE, come affettuosamente diciamo noi algheresi. Da fonti ben informate si sta spargendo la voce che molto probabilmente andrà via dalla nostra diocesi: assieme a tanti altri ci auguriamo che ciò avvenga al più presto.

Debbo dire che la diocesi di Alghero è proprio sfortunata: gli ultimi due vescovi sono stati una delusione e pensare che la mia prima lettera rivolta a questo vescovo era di grande speranza, confidando che lui, di cui si parlava come di persona molto colta e di larghe vedute, intervenisse per aggiustare quanto si stava stravolgendo, come ad esempio la nostra antica processione del Venerdì Santo, che sta diventando una esibizione folcloristica e non un momento di riflessione, di cui in questi tempi abbiamo tanta necessità. Le mie speranze su questo vescovo si sono frantumate quando, probabilmente per contrasti con don Tavera, il vescovo ha proibito la celebrazione della messa in Catalano.

Mi pareva che questa storia fosse sufficiente perché le associazioni intervenissero con diritto e dovere a far notare quale danno questa proibizione ha causato alla comunità. Spero solo che anche queste benemerite associazioni non siano diventate delle caste, auto compiacendosi del loro ruolo, non proprio edificante in questi ultimi anni, o che non abbiano paura di essere scomunicate. A mos entendre.

 

Giancarlo Ballone, 9 Marzo 2017