“Reddito di cittadinanza, disoccupati e diritto e dovere del lavoro”
L'opinione di Vittorio Guillot
Recentemente mi è capitato di parlare con un giovane che svolge lavori stagionali. Finito il mese di ottobre, quel giovane è rimasto senza lavoro e gli è stata attribuita la indennità di disoccupazione. A mio parere è un dovere sociale sostenere chi, a causa di malattie o di crisi economiche, non può lavorare, soprattutto se deve mantenere una famiglia. Ho chiesto a quel giovane se era disposto a recarsi a lavorare fuori dalla sua sede di residenza, a condizione che gli offrissero gratuitamente un alloggio decoroso, o se accettasse di seguire, gratuitamente per lui, dei corsi di formazione per imparare una attività di cui vi era una grande richiesta, anche se diversa da quella che aveva abitualmente svolto. La sua risposta è stata decisa: “No, preferisco utilizzare l’indennità di disoccupazione per diversi mesi, fino a maggio, e poi, riprendere la mia occupazione stagionale. Vivacchierò, certo, ma il sussidio che mi verrà passato consentirà a me ed alla mia piccola famiglia di campare. Tanto più che anche mia moglie continuerà a svolgere la sua attività. Se dovesse essere licenziata, anche lei godrebbe del sussidio ed andrebbe bene così!”.
A parte la mancanza di amor proprio e di senso della dignità, che chi non ce l’ha non se lo può dare, mi irritai perché quel ’disoccupato di mestiere ’, se la prese con gli stranieri usando anche espressioni stupidamente razziste. Infatti, proprio lui, affermò con sicurezza: “Gli immigrati ci tolgono il lavoro perché sono disposti ad accettare qualsiasi proposta di occupazione, anche particolarmente faticosa, ed a lavorare perfino di sabato e di domenica! “A quel punto pensai che quel giovane, da anziano , avrebbe potuto avere anche la faccia tosta di sbraitare contro il governo per la miseria della pensione che avrebbe percepito. Perciò troncai la discussione e da allora mi chiedo se sia giusto regalare dei quattrini pubblici a chi, sano e forte come quel giovane, potrebbe lavorare ma preferisce starsene in panciolle per mesi e mesi, sfruttando i vari sussidi e, magari, anche il famoso ‘ reddito di cittadinanza’. A mio avviso ciò non è affatto corretto perché non ‘responsabilizza’ lui e quanti si comportano come lui. Infatti così non si spingono i cittadini ad essere consapevoli, oltre che dei loro diritti, anche dei loro doveri. Ed il lavoro, oltre che un diritto, è un dovere, come lo è quello di pagare le tasse. Infatti non è certo un mistero che ad esso è legata la crescita di quella Società a cui chiediamo servizi sanitari, istruzione, sicurezza, assistenza sociale, opere pubbliche, tutela dell’ambiente etc.etc.etc. Non per altro la Costituzione stabilisce che ‘ l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro ’, non sulla ‘mandronia’.
Inoltre così si sprecano quattrini pubblici che potrebbero andare a chi effettivamente si trova in condizione di bisogno. Secondo me lo stato autenticamente ‘sociale’ dovrebbe seriamente colpire chi evade le tasse, magari riducendo quelle relative a periodi di crisi per la ‘pandemia’ ,e svolgere, contemporaneamente, una politica che crei occupazione, favorendo la produttività delle aziende e premiando quelle che realizzano nuovi posti di lavoro. Dovrebbe anche organizzarsi per essere costantemente aggiornato sull’ andamento del mercato del lavoro. Mi sembra utile che i sindacati e le categorie economiche partecipino ad una simile iniziativa, confrontandosi per tutelare lealmente gli interessi dei loro associati. Successivamente si dovrebbe effettuare la ‘chiamata’ di chi potrebbe svolgere quelle attività o di chi potrebbe seguire i corsi di formazione e di aggiornamento. Di conseguenza si dovrebbe avviare al lavoro od ai corsi chi risponde alla chiamata e negare qualsiasi sussidio a chi la rifiuta senza validi motivi, quali, ad esempio, quelli legati alla salute od a eccezionali ed evidenti difficoltà familiari. A tal fine renderei più efficienti i vecchi ‘Uffici di Collocamento’, o chiamateli come più vi pare e piace. Attraverso essi, che dovrebbero essere collegati tra loro tramite i sistemi informatici, dovrebbero passare le offerte e le domande di lavoro o la segnalazione di averlo trovato autonomamente. Incrementerei anche il numero degli ispettori in modo da rendere possibili controlli molto più stringenti, tesi ad accertare la sicurezza sul lavoro e ad eliminare quello ‘nero’. Aggiungo che, soprattutto per contrastare lo sfruttamento dei dipendenti, estenderei ad una infinità di imprese, compresi bar e ristoranti, l’obbligo di far ‘timbrare il cartellino ’. Vi pare che il sistema che ho indicato sarebbe efficace ed utile per eliminare quei parassiti che preferiscono campicchiare alle spalle della società, danneggiando persino gli autentici poveracci? O, forse, la mia proposta vi sembra contraria alla giustizia sociale ed alla dignità di qualcuno?