Papilloma virus, indispensabile potenziare la prevenzione

Non sono molti i casi in cui prevenire un’infezione equivale ad eliminare il rischio di una malattia tumorale. Il carcinoma della cervice uterina è uno di questi: l’Organizzazione mondiale della sanità ha riconosciuto che questo tumore è interamente riconducibile all’infezione genitale da HPV, meglio noto come papilloma virus umano. “Prevenire l’infezione vuol dire scongiurare il tumore”, spiega il professor Andrea Piana, professore ordinario di Igiene nell’Ateneo di Sassari e responsabile del programma aziendale assistenziale “Attività diagnostica” dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari. La pensa allo stesso modo Paolo Castiglia, professore ordinario di Igiene e responsabile della sorveglianza di diverse malattie prevenibili con la vaccinazione. “Vaccinazione, screening organizzato per le donne con pap test e DNA test “: queste le raccomandazioni che i due esperti si sentono di dare alla comunità scientifica e alla sanità pubblica, al termine di un percorso di ricerca iniziato diversi anni fa.

Andrea Piana e Paolo Castiglia, assieme al professor Giovanni Sotgiu, hanno firmato un articolo sulla rivista internazionale Plos One, intitolato “High HPV-51 Prevalence in Invasive Cervical Cancers: Results of a Pre-Immunization Survey in North Sardinia, Italy”: “elevata prevalenza dell’HPV-51 nel cancro cervicale invasivo: risultati di una ricerca in un periodo pre-vaccinale nel Nord Sardegna”. Gli studiosi dell’Università di Sassari hanno dimostrato, per la prima volta, il ruolo rilevante del genotipo Hpv-51 nell’insorgenza del tumore della cervice, in particolare in coinfezione con altri genotipi virali come l’HPV-16: “Non era mai stata descritta in altri studi una così alta frequenza di associazione tra carcinoma della cervice e HPV51, e una così alta associazione tra HPV51 e HPV-16”, dichiara Castiglia.

Esistono circa 180 genotipi di HPV; di questi, 40 sono ad alto rischio, in particolare l’HPV-16 e l’Hpv-18, ai quali complessivamente è attribuito il 70% di tutti i tumori cervicali. “Ma già in un precedente studio del 2011 (http://www.biomedcentral.com/1471-2458/11/785) ci eravamo accorti che il genotipo 51 caratterizzava epidemiologicamente il nostro territorio, con una diffusione mediamente più elevata rispetto al resto d’Italia”, continuano i due igienisti. Quella ricerca ha suscitato un interrogativo: quel genotipo è arrivato di recente oppure era già presente da lungo tempo nel Nord Sardegna? “Questo secondo studio, appena concluso, ha dimostrato che l’HPV-51 è presente nel nostro territorio da almeno 30 anni: lo dimostrano le analisi da noi effettuate sui frammenti istologici con diagnosi di lesione progressiva, fino al carcinoma, forniti dall’ Anatomia patologica “.

“I risultati della ricerca dimostrano l’assoluta necessità di una prevenzione che sia organizzata a livello pubblico e che contempli, oltre alle vaccinazioni, lo screening di routine, oggi praticato nel distretto di Sassari solo su base volontaria”, continuano Piana e Castiglia. “Si tenga presente che ogni anno, in Italia, vengono diagnosticati circa 3.500 nuovi casi di carcinoma della cervice, pari a una stima di incidenza annuale di 10 casi ogni 100.000 donne”. In Italia il vaccino è somministrato gratuitamente alle bambine dai 12 ai 18 anni d’età ed è in grado di proteggere dai genotipi più pericolosi, l’HPV-16 e l’HPV-18, e di prevenire in maniera crociata anche le infezioni sostenute da altri genotipi. In particolare, il vaccino bivalente, offerto attualmente nel Nord Sardegna, protegge anche nei confronti dell’HPV-51.

“E’ confortante in questo senso il buon ruolo svolto dai servizi vaccinali; infatti, la Regione Sardegna ha raggiunto il primo posto in Italia come copertura per le nate nel 1997, con l’84,1% di bambine vaccinate con tutte e tre le dosi (Fonte: Epicentro- il Portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica). E’ auspicabile per le nostre condizioni epidemiologiche, che i risultati di copertura raggiunti per la coorte del 1997 vengano replicati per le coorti successive”, dichiara Castiglia. Tuttavia, come sottolinea Andrea Piana, resta ancora molto da fare sul fronte della prevenzione secondaria: “I tempi appaiono maturi per l’avvio di un programma di screening di routine, non solo tramite il PAP test, ma anche attraverso la ricerca del DNA del virus, metodica che consente di conoscere i genotipi circolanti, sia per motivazioni di tipo epidemiologico, sia per ragioni organizzative. Infatti, per effetto della vaccinazione si potrà verificare la diminuzione di circolazione dei genotipi oggi maggiormente prevalenti e l’aumento di altri a minore diffusione, nei confronti dei quali gli attuali vaccini potrebbero essere non efficaci; tale fenomeno dovrà quindi essere adeguatamente sorvegliato. Inoltre, l’elevata sensibilità del test molecolare per la ricerca dell’HPV nell’identificazione delle lesioni pre-cancerose di alto grado permetterebbel’allungamento degli intervalli tra gli screening da tre a cinque anni con indubbi vantaggi organizzativi ed economici”.

Lo studio è stato condotto dal Dipartimento di Scienze Biomediche – sezione di Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Sassari, struttura che fa parte del network internazionale coordinato dall’Organizzazione mondiale della Sanità, per il controllo dei qualità della ricerca con metodi di biologia molecolare dell’HPV. Hanno collaborato le Unità di Anatomia Patologica ed Ostetricia dell’Università di Sassari e ricercatori dell’Università di Milano Bicocca e dell’Health Protection Agency di Londra.

12 Luglio 2013