Grillo, il Movimento 5 Stelle e le elezioni amministrative

In altri articoli ho scritto che sbagliavano i partiti che, non riconoscendo il fenomeno del voto di protesta che monta verso questo sistema politico, avevano spocchiosamente attribuito il successo del Movimento 5 Stelle alla immaturità del “popolo bue”, incapace, secondo loro, di sottrarsi alle lusinghe di qualche demagogo e di qualche imbonitore. Questa, secondo me, è una vecchia storia, che rispecchia l’atteggiamento classicamente seguito dai supponenti partiti di destra, di centro e di sinistra che, dopo aver preso una batosta, raramente hanno mostrato l’intelligenza di ammettere la loro incapacità di rappresentare gli interessi della gente o, perlomeno, di non aver saputo adeguatamente comunicare i loro programmi e ideali. Occorre ammettere che in questo errore è pienamente caduto lo stesso Grillo che, manifestando una mentalità tutt’altro che nuova e rivoluzionaria, dopo il recente “flop” alle elezioni amministrative, ben guardandosi da fare un onesto esame di coscienza, non ha saputo fare di meglio che prendersela con gli elettori e con quei mass media che ha sempre “schifato”.

Aggiungo che la rabbiosa aggressività da padre-padrone con cui inveisce contro chi lo critica mi fa seriamente pensare che la sua attitudine democratica sia assai scarsa. Mi riferisco, in particolare agli attacchi che ha sferrato contro Rodotà e contro la Gabanelli, che pure aveva proposto come candidati alla presidenza della Repubblica. Del resto sono tante le idee e i comportamenti di Grillo & C. che non mi sono mai andati a genio. Alcuni li ho già esposti, altri li indico ora. Non mi è mai piaciuta, ad esempio, la sua pretesa di voler stravolgere la Costituzione pretendendo che i parlamentari debbano sottostare al “vincolo di mandato”, ossia che non siano liberi di esprimere le loro opinioni e di votare secondo le loro convinzioni, ma secondo la presunta volontà degli elettori e dei capipopolo. Per carità, non dubito affatto che questa Costituzione possa e debba essere profondamente riformata, ma rispettando le regole e le procedure che essa stessa indica. In caso contrario saremmo di fronte ad una assoluta mancanza di regole che minerebbe la vita civile.

Inoltre mi sono ripetutamente chiesto come potrebbe funzionare la pseudo-democrazia diretta fondata su Internet. Mi sono chiesto, in particolare, come possano correttamente esprimere la loro volontà politica i milioni di poveri diavoli come me, che non sanno maneggiare adeguatamente il computer o, addirittura, non sanno o non possono maneggiarlo affatto, magari perché non lo possiedono e non possono neppure comprarlo. Sbaglio se penso che solo una minoranza di cittadini finirebbe, in tal modo, per far conoscere e per far valere la propria opinione e la propria volontà, mentre milioni di altri sarebbero drammaticamente emarginati dalla vita pubblica? Non pare che, così, sia impossibile parlare di trasparenza, partecipazione e, addirittura, di democrazia? Non pare che, al contrario, una vera democrazia, per essere partecipativa, debba far di tutto per consentire a tutti i cittadini di esprimere nel modo migliore le proprie idee e la propria volontà? Inoltre, ammesso, ma non concesso, che la pseudo democrazia “diretta” non sia nelle mani di chi controlla e censura blog e rete, non pare che il sistema “grillino” consenta , invece, di esprimersi solo a quella minoranza di cittadini che sa utilizzare internet? Ho avuto la conferma di questi miei dubbi quando, in occasione della elezione del Presidente della Repubblica, i guru del M5S hanno deciso di affidare a internet e alle cosidette “quirinarie” l’individuazione del loro candidato alla massima carica dello Stato. Infatti solo una esigua minoranza di elettori è stata capace di partecipare a quella selezione. Non ho neppure capito come, secondo il verbo di Grillo ,Casaleggio e Fo, debba funzionare il meccanismo di approvazione delle leggi. Infatti, visto che i Parlamentari, contrariamente a quanto stabilito dalla Costituzione, sarebbero dei semplici “portavoce” , il” popolo” (parola grossa, per le ragioni che ho espresso ho poco più sopra), via internet, dovrebbe approvare o respingere le proposte di legge. In questa prospettiva, i parlamentari dovrebbero anche rivolgersi alla “consultazione della rete” prima di votare, nelle commissioni, qualsiasi proposta di legge? Se così fosse, anziché ridurli, come da tutti auspicato, i tempi di approvazione delle leggi non diventerebbero biblici? Questo lo si può definire “snellimento del meccanismo legislativo”? Mi chiedo, a questo punto, se questo benedetto popolo, anziché svolgere altre proficue attività (ad esempio, lavorare), debba passare le giornate a votare leggi, articoli, commi e codicilli non solo dello stato ma, ovviamente, se la “rivoluzione” fosse radicale , anche delle regioni, delle provincie, dei comuni, dei comitati di quartiere.

3 Giugno 2013