Giustizia malata e democrazia

Appartengo a quella categoria di persone che pensano che, in un Paese civile, le sentenze vadano sempre applicate, a prescindere che il condannato sia un noto personaggio o un ladro di polli. Penso anche che chi ritiene di aver subito una ingiusta condanna, più che lanciare proclami, debba dimostrare, con tangibili prove alla mano, di essere stato vittima di un gravissima persecuzione e chieda la testa dei suoi persecutori. In caso contrario farebbe una figura migliore se tacesse. Il riferimento alle vicende giudiziarie di Berlusconi non è casuale, anche se il discorso sulla Giustizia, a mio avviso, non finisce qui.

Sono infatti, convinto che la amministrazione della Giustizia, in Italia sia malata da almeno 50 anni. Precisamente da quando si permise la formazione di correnti orientate politicamente e fu consentito ai magistrati, restando magistrati, di candidarsi con questo o quel partito. Recentemente la Ilda Bocassini ha detto, più o meno, -vado a memoria- che molti magistrati hanno usato le loro indagini e le loro sentenze per effettuare la scalata politica. Se lo ha detto lei, che se ne intende, perché non crederle? Non basta. Uno dei fondatori di “magistratura democratica”, fin dal 1975 (o ’77, non ricordo bene, ma basta chiederlo al giornalista Piero Ostellino, del Corriere della Sera) disse testualmente: “Il nostro compito consiste nella ricerca di una politica della magistratura e per la magistratura che sia capace di inserirsi utilmente nella lotta difensiva e offensiva del movimento democratico nel suo complesso!”.

“Un altro magistrato della stessa corrente si chiese se, di fronte alla legge, “vanno considerati uguali un imprenditore e un lavoratore?”. Non vi pare grave e ambiguo che un magistrato si sia anche solo posto una domanda del genere, visto che in ogni tribunale è scritto: La legge è uguale per tutti? Forse che quel magistrato non sapeva neppure leggere o forse pensava che dovesse applicare la legge secondo le sue distorsioni ideologiche? Che dire, poi, di quel tale sostituto procuratore della Repubblica, che arrivò ad auspicare “La creazione di interventi extraistituzionali qualora le elezioni vengano vinte da gente democraticamente non affidabile”. Che significa questa frase? Significa, forse, che un magistrato non debba solo e esclusivamente applicare la legge e condannare chi la viola? O forse significa che oppure che ritiene investito della “missione” di effettuare illegali interventi a gamba tesa contro il regolare responso delle urne , se dovesse vincere le elezioni qualcuno che , a suo insindacabile giudizio, non è “politicamente corretto? E’ lecito che un magistrato stravolga persino la Costituzione al punto di negare la pari dignità delle persone? Ma che titolo ha ‘sto qui per permettersi di distribuire patenti di “democraticità°” a manca e a destra? (errata corrige : a destra, no! Per carità, quelli sono fascisti!).

Mi chiedo, a questo punto: Se, e quali , provvedimenti disciplinari siano stati adottati contro i magistrati che si sono espressi in tal modo? I governi, tutti i governi , cosa hanno fatto, nell’interesse dei cittadini, per correggere tali distorsioni antidemocratiche? Giova a qualcuno che esista una simile cancrena nella nostra magistratura?

19 Settembre 2013