E se alle vele mancasse il vento?

Gli antichi Greci chiamavano il vento ‘ànemos’, ovverossia il ‘soffio’. L’ affermarsi ordinato della speculazione filosofica nella stessa Grecia, attribuisce primariamente l’ànemos alla fisiologia del corpo umano indicandone il soffio vitale, per indirizzarne successivamente la connotazione alla psiche, fisionomia spirituale dell’Uomo: i Greci, se mi è permessa una sintesi così ardita, con questi due passaggi, davano il ‘là’ al sorprendente cammino intellettuale che avrebbe condotto l’Uomo dei tempi successivi a raggiungere le più alte vette del pensiero, e soprattutto a formulare quella domanda complessa e fondamentale, da sempre nel cuore dell’umano, ma per lo
più inespressa dal momento che ci si accontenta di poco: da dove vengo, perché sono qui e dove vado, che è rivolta proprio e solo alla sua parte spirituale, visto che il corpo si ricongiunge alla polvere-materia. Ma questa è un’altra storia. L’Uomo, per sua fortuna, non è solo; vive insieme ad altri Uomini, per cui il concetto di ‘anima’ appena citato, si applica anche alla sua presenza in mezzo agli altri, e così le sue idee, le sue iniziative, il suo spendersi all’interno del sociale che lo ospita, senza un senso, senza un ‘soffio’, senza ‘anima’, subirebbero la stessa fine del corpo nella polvere-materia; sarebbe come se alle vele mancasse il vento: lo scafo , invece di scivolare e radere le onde, diventerebbe un tutt’uno con l’acqua, quasi a formarne una appendice.

E così, dalla storia della filosofia, attraverso la filosofia e l’allegoria, arrivo alla politica, aspetto concreto della stessa filosofia; dicevo quindici giorni fa che, per far sentire la distanza abissale tra un decennio ancora ‘incubo’e l’accenno di un futuro diverso, servono progetti, idee, lavoro, novità, colpi di genio, inversioni di tendenza, discontinuità reale : appunto il vento, il ‘soffio’, l’anima che gonfia le vele e che spinge lo scafo ad aggredire la superficie del mare. Ed è fuori di ogni dubbio che l’anima di ogni azione politica debba essere ‘il bene comune’. Il 29 Novembre, gli organi di informazione annunciano che il Parco ha formalizzato il proprio ‘governo’ politico a costo zero. Al di là delle considerazioni sulle modalità con le quali si è raggiunta questa misura, mi sembra che il risultato ottenuto sia storico, per due motivi:
a)
per costo della politica si intende l’impegno del denaro pubblico causato dal funzionamento della struttura istituzionale e dai compensi destinati a coloro che, nei vari organi elettivi, impegnano parte del loro tempo a rappresentare i Cittadini nell’amministrazione della ‘cosa pubblica’; il dibattito che si è innescato nel Paese circa la abolizione di Enti inutili o sovrabbondanti anche se previsti nella Carta Costituzionale, fa parte di questa tensione diretta a sfoltire il più possibile i bilanci relativi; e questo è l’aspetto più evidente del problema; meno appariscente, ma forse più deleterio sia per i bilanci istituzionali che per la cattiva e disonesta gestione della ‘cosa pubblica, è l’aspetto che va imputato alla concezione che si ha delle cosiddette ‘partecipate’, quando vengono intese come rifugio per gli insuccessi nei traguardi relativi alle cariche elettive e come compenso per l’impegno verso determinati individui o Partiti; esempi di questa pessima pratica sono evidenti nella storia presente della nostra Città e del nostro Territorio e non mi sottraggo all’onere di citazione: Sogeaal (anche se il nostro Comune non partecipa con proprio capitale e quindi non nomina un suo rappresentante nel CDA, è giusto porne in discussione la gestione); lo stesso Parco di Porto Conte; Secal; Meta; In House; e come
non citare a livello Territoriale e Regionale la conduzione delle ASL le quali oltre ai compensi faraonici destinati a pochi ‘fortunati’ e targati a seconda del colore di chi dirige il vapore, danno la possibilità di gestire appalti e contratti, i quali per la discrezionalità goduta, sono in grado di controllare e indirizzare fiumi di denaro, alla base di guadagni immotivati per un verso e di enormi diseconomie ai danni della Sanità Pubblica per l’altro. Sottolineo peraltro che l’azzeramento totale dei compensi e dei gettoni, non preclude assolutamente un rimborso motivato e puntuale dei costi subiti nell’adempimento del proprio impegno;
b) il secondo motivo per il quale l’aggettivo ‘storico’ risulta appropriato, sta nel cambiamento epocale che non può essere ristretto al solo Parco o al solo ambito locale; ogni ulteriore commento mi sembra superfluo, a meno che da questa scelta non derivi una continuità comportamentale coerente. Nel caso delle ASL, per esempio, alla luce di questa innovazione, attraverso la quale il denaro come compenso rispetto al privilegio della rappresentanza, passa non solo in secondo ordine, ma fa arrivare il prestigio della rappresentanza gratuita sino alle vette della migliore ‘politica’, fomentando la speranza di una sanità sganciata dalle logiche degli interessi personali e rivolta esclusivamente al bene comune.

Oggi avrei posto l’accento su temi diversi, sui temi estremamente importanti per la vita ed i destini della nostra Città, che non possono essere trascurati, privati dell’anima che serve per determinare un cambio di passo decisivo: il PUC, l’ambiente, il depuratore, il Cuga, Maria Pia, il confronto con gli imprenditori locali a costo di esiti eretici da ambo le parti purché non si invochi, come già sentito, l’intervento taumaturgico degli sceicchi (come siamo bravi a farci male!). Ne parleremo in seguito.

Il 29 Novembre, il Teatro Civico ha festeggiato il suo 150° compleanno, coronato da un recital del baritono algherese Domenico Balzani accompagnato al pianoforte da un valente musicista. Conosco Domenico da quando, appena laureato in Scienze Politiche, si iscrive al Conservatorio credendo pervicacemente nelle sue doti canore, nello studio e nel lavoro: ha inizio così la sua carriera, dai toni caldi e da una presenza scenica autorevole; giustamente divide gli applausi del pubblico con il pianista che lo asseconda, e che mostra la sua sensibilità artistica ed i suoi virtuosismi a piene mani. E’ stata insomma una di quelle occasioni da non perdere : eppure il Teatro era semivuoto, né bastava la presenza del Sindaco ad ovviare al dato di fatto così sconsolante; o Alghero non sa apprezzare gli appuntamenti di valore, ma si accontenta del più plebeo ‘panem et circenses’ dispensato a piene mani con dispendio enorme delle casse pubbliche, o l’evento non era sufficientemente pubblicizzato; e pensare che l’evento godeva di un maxi-schermo esterno inventato con effetti altamente suggestivi sulla facciata dello stesso Teatro. Ritengo che l’esperimento sia da riproporre: l’esiguità dei fondi a disposizione, impone che si coniughi qualità unita alla … qualità ed accompagnata dalla … qualità; forse la via per la cultura è questa, anche se non parla in Catalano, ma nel semplice e più familiare Algherese.

12 Dicembre 2012