La Salaris agli ambientalisti: ecco le mie risposte

Rivedere l'ambiente e tutelarlo: ecco i progetti di M.Grazia Salaris che risponde alle domande degli ambientalisti

1.Qual è la Sua visione urbanistica della città? Qualità urbana, qualità della vita e verde pubblico attraverso il riconoscimento, come previsto dalle leggi urbanistiche, di 18 mq di servizi per ciascun cittadino (residente e insediabile) nelle zone B e in tutta la città. Nel Puc Lei riconoscerebbe concretamente tale principio? Alghero ha conosciuto, a partire dagli anni ’60, un’impetuosa crescita del suo tessuto urbano con evidente sproporzione tra gli spazi edificati e quelli destinati a servizi. Se, per un verso, l’attività edilizia ha coinvolto, direttamente o indirettamente, buona parte degli algheresi (anche richiamando popolazione dai paesi vicini) con innegabili risvolti positivi per il conseguimento di un maggior generale benessere economico, per altro verso ne ha costituito il limite. La distribuzione della ricchezza derivante dall’attività edificatoria, ad esempio, pur in presenza di ampi benefici, non è apparsa del tutto equilibrata spesso generando situazioni di eccessivo vantaggio per alcuni e meno, molto meno, per molti altri. Se ciò è avvenuto, ed è avvenuto, una delle conseguenze è stata quella di diffondere l’idea che trattare di urbanistica cittadina significava trattare di aree edificabili e di volumi edificabili con individuazione di “fortunati” e “sfortunati”. Noi, ed il nostro programma lo sostiene, pensiamo, invece, che trattare di urbanistica voglia dire contribuire a disegnare, all’interno di un processo sistemico, il futuro della città e dei suoi cittadini con gli obiettivi della crescita della qualità di Alghero e della qualità della vita per i suoi cittadini e per i suoi ospiti. In questo senso gli stessi spazi verdi e la loro cura non possono ricondursi esclusivamente a quelli “storici”, ma è necessario rinvenire, anche tra il già costruito, quegli spazi che, attraverso un’ attenta opera di riqualificazione, possano conferire maggior qualità urbana ai singoli quartieri e alla città tutta.

2. Per Maria Pia chiediamo l’eliminazione e/o la riduzione di eventuali nuove volumetrie, la rinaturalizzazione, la piantumazione, cura e accrescimento di almeno 10 mila alberi per realizzare un grande parco cittadino inserendo il restauro del casale fatiscente per destinarlo ad attività di aggregazione sociale. Lei realizzerebbe tale ipotesi? Tra i begli orti di Alghero e alcune delle sue migliori campagne, Maria Pia era lì: una lingua di terra tra mare stagno, una piana, a volte acquitrinosa, a ridosso della spiaggia e sferzata dal vento di libeccio. Ricca di alcuni casali dalle linee architettoniche di pregio che ben si coniugano, anche con i loro colori, con tutto il paesaggio circostante, appare oggi nel mezzo di scelte incompiute. Strutture sportive, strutture turistico ricettive, palazzo dei congressi e nuove costruzioni contendono ormai la definizione del paesaggio ai vecchi casali. Ma Maria Pia, proprio per la sua posizione privilegiata di vicinanza alla omonima spiaggia, la cui salvaguardia e cura dovrà essere “la priorità”, può costituire per la città una carta di sicuro sviluppo capace di garantire nuovo lavoro ai suoi cittadini. In essa possono essere create nuove e più qualificate strutture turistico ricettive, armonizzate con il paesaggio e che tengano conto della cultura dei luoghi. I vecchi e bellissimi casali, restituiti alla loro bellezza e funzionalità, potranno costituire quella cerniera tra passato e presente che una città ricca di storia e di cultura non può e non deve mai dimenticare. Tutto ciò presuppone un equilibrio tra edificato e nuovi spazi verdi aperti, così come richiederà la cura di quelli esistenti, con particolare attenzione alla conservazione e alla manutenzione della pineta

3. Sulla emergenza Calich-Marea Gialla si sono accumulati approcci confusi e ritardi non più tollerabili. Lei come intende muovesi concretamente e con quali tempi anche in vista del possibile collegamento del depuratore di Sassari al Cuga con ulteriore apporto di acqua dolce nella laguna del Calich? Sulla questione dei reflui del depuratore cittadino versati nel Calich molto si è detto e molto si è scritto, spesso più con spirito di parte che non per dare un contributo alla soluzione del problema che, ricordo è problema di tutti. Per un lungo lasso di tempo ci fu, da parte dei nostri avversari politici, la rincorsa a denunciare il fenomeno della fioritura algale quale scempio ambientale causato dalla nostra amministrazione. Poi, detti avversari, giunti al governo della città ci assordarono per il loro silenzio. Infatti non era cambiata la situazione, la “marea gialla” era ancora là, ma era venuto meno lo scopo della loro protesta. La nostra città di tutto ha bisogno tranne che di ricercare divisioni e lacerazioni su problemi così neutri e nello stesso tempo così importanti per la sua prosperità e sicurezza. E su questi problemi non intendo stare su posizioni prestabilite e non intendo stare da una parte che non sia quella della mia città. Il Calich, nel corso degli anni, è stato oggetto di diversi interventi, quasi tutti di natura pubblica, ricordo, ad esempio, quello, di incerta efficacia, condotto sotto la supervisione dell’Università di Sassari, con il quale si realizzò uno scavo ad anello per favorire la circolazione delle acque. I sedimenti allora sottratti al fondo dello stagno furono accumulati, almeno in parte, nel zona più interna del Calich che va sotto il nome di “Calichet”. Detti fanghi giacciono ancora lungo le sponde di quella porzione di stagno avendone modificato, di fatto, le antiche linee. Più in generale è difficile individuare tra altri interventi, molo di sopraflutto porto canale di Fertilia, molo di sottoflutto porto canale di Fertilia, i numerosi pontili per ormeggio nautica da diporto (anche recentissimi), lavoriero ecc., un intervento attuato nell’esclusivo interesse dell’ambiente. Più facilmente si possono, eventualmente, ravvisare interventi a favore della sicurezza delle imbarcazioni e quindi del settore della nautica e della pesca. Ciò non è di per sé disdicevole, anzi, ma serve a ricordare come l’attenzione per “l’ambiente Calich” non sia stato, purtroppo, al centro degli interventi pubblici, statali o regionali, nel corso degli ultimi decenni, Allo stato è chiaro che il Calich costituisce un bene ambientale caratterizzato da delicato equilibrio la cui alterazione può essere pregiudizievole sia per lo stagno stesso sia per gli ambienti circostanti. Conseguentemente sono da contenere al minimo possibile gli scarichi di acque reflue, anche se in regola con le previsioni normative, provenienti sia da Alghero sia da comuni vicini. Ciò, in particolare, durante l’estate poiché la calma di mare e le alte temperature, che caratterizzano la buona stagione, paiono favorire la fioritura algale proprio quando il vicino litorale conosce la massima presenza di bagnanti. L’utilizzo delle acque reflue, correttamente trattate, per usi agricoli deve essere perseguita e non solo dichiarata, giungendo a produrre acque utili per l’attività agricola e non pregiudizievoli per le diverse colture. Sembra impossibile che l’acqua possa essere un rifiuto e non una risorsa! A questi obiettivi deve essere richiamato l’ente gestore dell’impianto con attenta opera di controllo ma anche di sostegno nella ricerca di adeguate soluzioni che la tecnologia da una parte e la buona politica dall’altra sapranno mettere in campo.

4. La questione rifiuti è l’altra grande emergenza per Alghero. C’è un fatto di civiltà complessiva ma anche un fatto di efficienza dell’azienda e di capacità di controllo dell’Amministrazione. Quali innovazione vorrebbe apportare all’attuale sistema della gestione dei rifiuti? Nella nostra idea di città gradevole e pulita la questione dei rifiuti e del decoro urbano sono questioni essenziali. Una città pulita è una città maggiormente vivibile sia per i suoi cittadini sia per i turisti. Per stare nel mercato delle vacanze non è sufficiente essere competitivi negli attrattori (mare, spiagge, beni ambientali, musei, eventi, proposte culturali, centro storico ecc.), ad essi si deve necessariamente sommare l’offerta di una città pulita. Alle palesi carenze del servizio attualmente in atto deve porsi rimedio con nuovo appalto che preveda controlli più serrati da parte dell’amministrazione anche ricorrendo alle più moderne tecnologie e coinvolgendo nell’azione di attenzione la popolazione e le associazioni di cittadini. Tutti ci dobbiamo sentire come soldati in prima linea in una guerra senza quartiere ai rifiuti. E’ da dire, infatti, che nessun luogo sarà mai pulito a dovere senza la forte determinazione dei suoi abitanti a tenerlo pulito e a farlo tenere pulito. Va svolta in questa direzione ampia e penetrante azione di sensibilizzazione nelle scuole con la collaborazione delle istituzioni scolastiche, nelle imprese con la collaborazione delle associazioni di categoria, tra la popolazione con la collaborazione dei media cittadini. Eventi ripetuti in cui le associazioni ambientaliste, il mondo del volontariato e più in generale i cittadini vengano chiamati a opere di pulizia di luoghi simbolo saranno utili a creare una più forte coscienza ambientale e di solidarietà sociale. Ma aggredire il problema significa anche cercare di diminuire la produzione dei rifiuti che, per significativi quantitativi, è da addebitarsi alle confezioni dei prodotti, spesso più legate a rendere attraente un prodotto che non necessarie alla sua reale protezione. Sarà necessario coinvolgere il settore commerciale in generale, ed in particolare i responsabili dei centri commerciali della grande distribuzione, concordando con essi piani di azione per contenere il fenomeno cercando di privilegiare le proposte di prodotti dal minimo packaging.

5. Bonifica della pineta dell’Arenosu, come intenderebbe procedere? Non ho ben inteso se con “bonifica della pineta Arenosu” s’intenda affrontare la questione del campo nomadi. In questo caso non mi pare che il termine “bonifica” sia appropriato per trattare una situazione, che certo presenta gravi risvolti di criticità ambientale, ma che è molto più complessa e che, prima di tutto, è questione culturale ed umana. In ogni caso non è tollerabile che la comunità, qualsiasi comunità, sia scientemente esposta a rischi. Non è tollerabile che ad alcuni siano consentiti comportamenti pregiudizievoli per la comunità e per l’ambiente. La legge non lo consente e non lo consente la coscienza di ciascuno di noi. I temi ambientali e le problematiche che da essi discendono, in particolare allorché vi siano apporti negativi dovuti all’opera dell’uomo, non posso essere affrontati senza un approccio metodologicamente corretto che parta da un’attenta analisi del tema, dalla conoscenza delle norme che lo governano e dall’apporto di esperti. Quindi, se l’obiettivo è chiaro, sarà compito dell’amministrazione avviare nel miglior modo possibile quel processo analitico che deve precedere la corretta azione sul campo.

6. Il Parco è una realtà ricca di prospettive per il nostro territorio. Svolge una funzione di tutela e salvaguardia dei sistemi naturali. Ma una critica che viene rivolta al parco è di non innescare abbastanza azioni di sviluppo locale sostenibile. Ritiene questa critica fondata? E quali cambiamenti introdurrebbe nella gestione del Parco? Pensa che sia utile l’unificazione della direzione del Parco di Porto Conte con l’Area Marina Protetta di Capo Caccia-Isola Piana? La critica per la critica è uno degli sport più popolari e con più accaniti seguaci, ma in essa non ci riconosciamo e la lasciamo volentieri a chi ne fa e ne ha fatto abbondante e gratuito uso. Crediamo invece che, sia pur con diverse intensità e sensibilità, le aree protette abbiano svolto i loro compiti ed avviato un processo di irreversibile attenzione all’ambiente presso le nuove generazioni. Per esse nulla sarà come prima ed è con esse che si vince la scommessa ambientale. Nel loro operare le aree protette hanno creato, inoltre, occasioni di nuovo lavoro per numerosi giovani laureati. Per quanto attiene alle attese deluse, mi pare che esse siano da ricondursi, almeno in parte, più ad aspettative improprie o eccessive che non a reali manchevolezze. Certamente possono porsi obiettivi sempre più ampi che vadano oltre quelli della tutela e della salvaguardia (già di per sé obiettivi straordinari), come ad esempio divenire attori nel processo di sviluppo. Ciò richiederà una forte e competente azione da parte dell’amministrazione che, tenuto conto della diversità anche giuridica delle due distinte aree protette, ne assuma, con capacità, responsabile indirizzo.

7. La storia del movimento ambientalista di Alghero nasce all’inizio degli anni Settanta del Novecento con un progetto iniziato dal Wwf e portato avanti, negli anni successivi, dalla Lipu per salvare dall’estinzione la colonia di grifoni di Capo Caccia, ora sono necessari altri interventi, Lei che cosa farebbe per dare nuova linfa al simbolo stesso del parco di Porto Conte? A nostro avviso la popolazione algherese ha sempre avuto in sé, latente, il “virus” della questione ambientale. Magari in un rapporto necessitato, certo declinato secondo protocolli più legati all’esperienza che alla scienza, ma sempre vivi al punto di aver conservato, al contrario di altre località, il territorio in buona parte integro. L’ambientalismo comunemente inteso viene sicuramente dopo, e certo con qualche merito, ma prima vi erano i nostri avi che sia in campagna sia in mare hanno operato con misura e sacrificio. Oggi lo stesso mondo dell’ambientalismo necessita, a mio avviso, di nuova linfa, più ampia partecipazione e di nuovi spazi di confronto. Il persistere, da anni, ai loro vertici di medesimi uomini, sia pur con lodevole impegno, senza un ricambio generazionale, espone il movimento ambientale a possibili osservazioni critiche che forse dovrebbero generarsi, innanzitutto, al proprio interno. Per quanto riguarda il grifone, sinceramente non siamo convinti che esso sia il simbolo dell’area protetta terrestre, ci pare che negli occhi dei visitatori ospiti, ma anche di noi stessi algheresi, prevalga sempre l’immagine indelebile di un paesaggio non comune che alterna cielo, mare e terra in tutte le sfumature dei loro colori e che, come uno scrigno, contiene, nelle profondità del mare e della terra, nascoste cavità dal misterioso fascino. Insomma il paesaggio è un valore in sé e, come sostiene Italia Nostra, va difeso in quanto tale; quando, poi, assume i valori che nel nostro territorio raggiunge, vale la pena di considerarlo quale biglietto di presentazione. Il grifone, va da sé, deve essere difeso secondo gli indirizzi dettati dalla normativa europea e da quanto i più attuali studi consiglino. Aggiungerei l’importante difesa del corallo rosso, questo sì vero simbolo della città, operata dall’area marina sia attraverso la creazione della zona A di Punta S. Antonio sia attraverso studi ed osservazioni.

8. Il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile di Alghero prevede, nell’ambito della mobilità sostenibile, molte azioni come la metropolitana di superficie dalla città all’aeroporto, car e bike sharing, ma solo 12,5 dei 35 km di piste ciclabili previste sono state realizzate, come procederebbe? La mobilità sostenibile è stato obiettivo importante dell’amministrazione di centrodestra, e se oggi la città può vantare tanti chilometri di piste ciclabili ciò è dovuto a tutti coloro che hanno creduto in questa nuova frontiera. Il percorso non è stato facile anche in quanto vi erano da superare incomprensioni e diffidenze così come accade sempre quando si introducono novità che, in un qualche modo, rompono consolidate, ancorché legittime, abitudini. Ma il processo è avviato e non si fermerà. Sarà necessario diffonderlo con il coinvolgimento delle imprese commerciali, turistiche e della ristorazione distribuite sul territorio per giungere a disegnare, ad esempio, un reticolo di “stazioni” per la ricarica delle biciclette a pedalata assistita in modo che il visitatore, ma anche i nostri cittadini, possano visitare l’intero territorio algherese godendo del paesaggio, dei profumi e dei colori all’aria aperta e non dai finestrini di un’automobile.

9. Valorizzazione dei beni culturali: il Museo Archeologico di Alghero non è stato ancora inaugurato, la villa romana e l’insediamento nuragico di Sant’Imbenia, non sono pubblicamente fruibili, che cosa farebbe Lei per creare anche occupazione qualificata nel settore dei beni culturali? Il primo bene da mettere “in produzione”, che assume in sé valenza ambientale, culturale e archeologica, è la grotta Verde. Colpevolmente dimenticata da chi ne aveva la disponibilità, tanto da essere chiusa all’uso pubblico, la grotta Verde è sconosciuta alle nuove generazioni di algheresi. Si è trattato di un vero e proprio scippo in danno della nostra comunità perpetrato per circa venti anni. Oggi essa, grazie ad un progetto dell’area marina protetta che ha anche reperito i fondi necessari, sarà resa fruibile alla città ed ai suoi ospiti. Attraverso l’offerta di questo nuovo attrattore potranno originarsi significativi introiti diretti ed importanti vantaggi economici indiretti, nonché nuove occasioni di lavoro qualificato per i nostri giovani. Nella sua gestione sarà importante rispettare il principio per cui almeno una parte della ricchezza prodotta dalla grotta, quindi dall’ambiente, sia restituita all’ambiente. Per la cosiddetta “Villa romana” e per Sant’Imbenia le possibilità di una loro ampia e fruttuosa fruibilità si muove in stretti spazi operativi. Sarà necessario avviare le opportune verifiche con il coinvolgimento degli enti e privati interessati per esplorare la possibilità di mettere a sistema anche queste importanti presenze archeologiche. L’obiettivo è comunque chiaro: non una risorsa culturale, ambientale o archeologica può essere trascurata, e noi non intendiamo trascurarla.

10. Manutenzioni e tutela del patrimonio storico-artistico: fatti recenti e dolorosi di cronaca, documentano la necessità di costanti monitoraggi e interventi; come organizzerebbe il sistema per le manutenzioni ordinarie e straordinarie? Nel nostro Paese accade che ad interventi, anche importanti sotto il profilo economico, di recupero di beni storici, archeologici o ambientali, segua una fase di carente o addirittura assente manutenzione. Per cui alle iniziali grida di entusiasmo seguono, spesso, le giuste lamentazioni e critiche. Si tratta di questione che richiede un diverso e più moderno approccio. Se la P.A. non è in grado di assicurare il godimento di questi beni e la loro cura impegnando proprie risorse di bilancio, o i beni in questione sono in grado di generare introiti capaci di assicurare le opportune cure di manutenzione, o si dovrà ricorrere all’intervento di privati così come avvenuto in tante altri Paesi. Insomma si può immaginare un sistema di governo dei beni in argomento che veda l’amministrazione sovraintendente e sorvegliante ma demandante a privati o alla sua fondazione il momento economico-gestionale.

5 Giugno 2014