Omicidio di Cinzia Pinna: punti oscuri sulla confessione di Emanuele Ragnedda
L'imprenditore si difende parlando di paura e lite, ma gli inquirenti cercano la verità tra i reperti e i tentativi di cancellare le prove.

Proseguono celermente le investigazioni volte a fare piena luce sull’efferato assassinio di Cinzia Pinna, la giovane di 33 anni originaria di Castelsardo, il cui corpo senza vita è stato rinvenuto nella proprietà di Emanuele Ragnedda, imprenditore vinicolo di 41 anni che ha ammesso il crimine (LEGGI). La vittima, scomparsa l’11 settembre, fu ritrovata dopo due settimane a Conca Bentosa, tra Palau e Arzachena, nella tenuta dell’indagato.
Nonostante la confessione, la dinamica degli eventi rimane nebulosa e complessa per gli inquirenti. Ragnedda ha dichiarato di aver esploso il colpo per legittima difesa, motivando il gesto con un sopraggiunto stato di paura. Il sopralluogo effettuato dai carabinieri nell’abitazione dell’uomo ha messo in luce elementi che aggravano il quadro indiziario. Sono state rinvenute tracce di una sostanza in polvere (presumibilmente cocaina) e numerose bottiglie di vino parzialmente consumate, oltre a segni di sangue sia all’interno che all’esterno della residenza.
Inoltre, i militari del RIS hanno notato che divani e cuscini erano stati lavati, un chiaro tentativo di eliminare le tracce ematiche, suggerendo che l’azione potrebbe non essere stata meramente impulsiva. Questi reperti sono cruciali per determinare se si sia trattato di un gesto d’impeto o di un omicidio premeditato o maturato in un contesto più articolato.
Durante il prolungato interrogatorio, durato all’incirca sei ore, Ragnedda ha riferito di una violenta discussione con Cinzia Pinna. Ha sostenuto di aver reagito sparando dopo che la donna si era avvicinata a lui brandendo un oggetto che ha descritto genericamente come “contundente”, senza fornire dettagli specifici. L’uomo ha poi occultato il cadavere nella sua tenuta, abbandonandolo senza neppure un tentativo di copertura, dove è rimasto fino al ritrovamento, facilitato dalle sue stesse indicazioni fornite in un secondo momento.
La ricostruzione preliminare indica che Cinzia, al termine del suo turno di lavoro in un locale di Palau, sarebbe salita a bordo dell’auto di Ragnedda, che era una sua conoscenza. Le ore intercorse tra l’incontro, l’omicidio della 33enne e il successivo occultamento del corpo rimangono avvolte nel mistero e costituiscono uno dei principali focus delle indagini.
Attualmente, Ragnedda è detenuto presso il carcere di Nuchis, dovendo rispondere alle accuse di omicidio volontario, aggravato dall’utilizzo di un’arma da fuoco, e di occultamento di cadavere. Si è stabilito che il 26enne inizialmente indicato da Ragnedda come possibile complice è stato scagionato.
L’imprenditore è in attesa di comparire davanti al GIP per l’udienza di convalida. Parallelamente, gli inquirenti stanno cercando di definire il movente. Una delle ipotesi più battute è che lo scontro sia degenerato a seguito del rifiuto della ragazza a avances di natura sessuale da parte dell’uomo, ma tale scenario non ha ancora trovato conferme definitive. Nelle prossime fasi, verranno sentiti ulteriori testimoni, tra cui chi ha riportato di un acceso diverbio poco prima che la giovane salisse sull’auto di Ragnedda.