“Zona Franca, possibile l’istituzione per tutta la Sardegna?”

L'opinione di Vittorio Guillot

Sappiamo bene che uno dei maggiori nodi da sciogliere per consentire lo sviluppo economico della Sardegna è quello dei trasporti. Mi riferisco, in particolare, a quelli marittimi perché di quelli aerei potrebbe scrivere qualcuno più documentato di me. Anche lasciando da parte le questioni attinenti la ‘Continuità territoriale’ ed il sostanziale fallimento della ‘Flotta Sarda regionale’ e di altre società d’armamento costituite da alcuni operatori turistici, possiamo constatare che i prezzi per il trasporto via mare sono molto elevati ed incidono negativamente sul nostro import-export, oltre che sugli spostamenti dei passeggeri, compresi i turisti. Il fatto che due compagnie di navigazione facciano capo ad un unico soggetto, che è anche armatore del servizio di rimorchio nei principali porti dell’Isola oltre che essere coinvolto nella gestione della Stazione Marittima di Olbia, ossia del porto italiano in cui transita il maggior numero di passeggeri, fa pensare che sia necessario un vigoroso intervento pubblico teso a liberare la nostra Regione da una ipoteca che danneggia l’intera comunità sarda. E’ chiaro, infatti, che questa situazione di oligopolio marittimo e l’eccessivo costo delle tariffe di trasporto abbiano delle ricadute disastrose per la nostra realtà economica e sociale. In particolare ne risentono le nostre imprese che perciò possono essere solo perdenti nella concorrenza con quelle del continente italiano ed europeo. Occorre, quindi, che la politica regionale chieda la applicazione di misure atte ad eliminare i divari dovuti al nostro essere ’Isola’. Credo che a tal fine sia necessario chiedere preliminarmente che sia riconosciuta per legge la ‘ insularità ’ della Sardegna.

Qualcuno potrebbe pensare che questa non sarebbe altro che una inutile affermazione di una evidente situazione di fatto. Non è proprio così perché una simile dichiarazione è la premessa giuridica per la applicazione delle norme nazionali e, soprattutto, di quelle della Unione Europea che tendono ad eliminare i divari che derivano, appunto, dall’essere Isola. Teniamo presente, in proposito, che l’art. 87 dello stesso Trattato di Roma, costitutivo della CE, prevede la possibilità di ricorrere ad aiuti statali per favorire lo sviluppo delle Regioni, come quelle insulari, a basso tenore di vita e caratterizzate da forte disoccupazione. Ho, invece, qualche perplessità sulla inclusione di tale dichiarazione nella nostra Costituzione. Questo provvedimento, infatti, dovrebbe essere adottato seguendo le procedure indicate nell’art.138 della stessa Costituzione che prevede che la legge di revisione costituzionale sia approvata con maggioranza assoluta da ciascuna Camera con due successive votazioni a distanza non inferiore di tre mesi. Inoltre tale legge può essere sottoposta a referendum se nella seconda votazione di entrambe le Camere non sia stata approvata con la maggioranza dei 2/3.Si aggiunga che non è affatto escluso che una simile modifica della Costituzione non debba essere seguita da una legge ordinaria di applicazione. Si può notare che questa procedura è molto lunga e irta di difficoltà difficilmente superabili per cui mi sembra più semplice e rapido che tale dichiarazione sia espressa con una legge ordinaria. Piuttosto, data la enorme rilevanza della questione anche in fatto di istituzione delle Zone Franche, la nostra Regione potrebbe modificare gli art. 3 e 12 del suo Statuto ed includere il regime doganale tra le sue competenze esclusive.

Ovviamente una simile modifica dovrebbe essere approvata con Legge Costituzionale. Mi chiedo se tra i provvedimenti utili a eliminare gli squilibri socio-economici e che, addirittura, limitano i diritti della persona, possa essere inclusa la istituzione di una ‘Zona Franca’ che comprenda l’intera Sardegna. Mi sembra che ciò sia possibile considerato che l’art. 12 dello statuto della Regione autonoma della Sardegna, pur precisando che il regime doganale è di competenza esclusiva dello Stato, prevede che nell’Isola siano istituiti dei ‘Punti Franchi’. Aggiungo che la Legge Regionale 20/13 ‘al fine di dare attuazione alle Zone Franche istituite con Decreto Legislativo 75/98’ prevede la trasformazione della Società di gestione ‘Cagliari Free Zone’ in ‘Sardegna Free Zone’. Trovo questa normativa particolarmente rilevante perché la Corte Costituzionale, con Sentenza 154/2017, pur dichiarando inammissibili e non fondate certe problematiche sollevate dalla nostra Regione relative ai Diritti dell’Uomo ed alla loro difesa, ha anche affermato che con l’attuazione dell’art. 8 dello Statuto Regionale, concernente la partecipazione della Sardegna ai finanziamenti pubblici , con l’accordo Stato/Regione del 2014 e con l’emanazione del Decreto Legislativo 114/2016 che disciplina la partecipazione regionale al ‘gettito di imposta’, la Regione Sardegna è stata autorizzata a concedere tutti i vantaggi fiscali previsti da diverse Direttive CEE. Mi sembra in armonia con questo orientamento anche la Sentenza 88/03 del 6/7/2006 con cui la Corte di Giustizia della U.E. si pronunciò sulla riduzione delle ‘aliquote sul reddito’ concesse dal Portogallo alle Isole Azzorre. A tal proposito teniamo presente che le direttive CEE 69/75 e 69/74 stabiliscono che le merci che si trovano nelle ‘Zone Franche’, che vi vengono depositate, trasportate, trasformate, manipolate e utilizzate sono esenti da dazi doganali, privilegi agricoli e da qualsiasi tassa. Sbaglio se penso che su queste merci non dovrebbero gravare certi balzelli, come le Accise, l’I.V.A.,l’ I.R.PE.G.? Sbaglio anche se penso che l’art.2 del D.P.R. 18/71 sia in armonia con queste disposizioni comunitarie benché preveda la possibilità che gli abitanti delle Zone Franche, non i soli cittadini residenti, possano usufruire delle merci esentate da quei balzelli? Non credete che un simile provvedimento possa compensare gli squilibri causati dai costosi trasporti su nave? Tra l’altro mi pare che nell’ottica di quella che è definita ‘Fiscalità di Sviluppo ’, l’istituzione della nostra Zona Franca sia consentita anche dall’art. 14 del Decreto Legislativo 14/2016, con cui si riconosce alla nostra Regione la facoltà di stabilire le esenzioni di pagamenti, detrazioni di imposte, agevolazioni e deduzioni dalla base imponibile, sia pure entro il livello massimo di imposizione stabilito dallo Stato.

Si tenga presente, in ogni modo, il Regolamento Doganale della UE prevede che le Zone Franche possono essere istituite solo in alcune zone specifiche. Anche per questa ragione sono contrario alla follia del separatismo indipendentista che caccerebbe la Sardegna non solo fuori dall’Italia ma addirittura fuori dall’Europa. Infatti sarebbe estremamente improbabile che la Repubblica Italiana accettasse l’ingresso della U.E. di chi ha voluto una secessione. Poiché la ammissione nella U.E. può essere ottenuta solo con il voto favorevole di tutti gli stati aderenti, la Sardegna ne resterebbe fuori. Così la nostra Regione resterebbe maggiormente isolata e dovrebbe fronteggiare da sola le colossali potenze politiche ed economiche mondiali, vecchie e nuove, che, considerata la sua strategica posizione nel Mediterraneo e la sua terribile debolezza, non si farebbero scrupolo di sottometterla e sfruttarla colonialmente. Se, invece, venisse molto improbabilmente ammessa alla U.E., stando all’art.155 del Regolamento CEE 450/2008, potrebbe destinare a Zona Franca solo alcune parti del suo territorio, supponiamo, a caso, quello cagliaritano, generando in tal modo delle diversità di trattamento e di sviluppo tra le sue diverse aree e, conseguentemente, alimentando dannosissime guerre di campanile. Concludo che, anche se ho cercato di documentarmi nel miglior modo che mi è stato possibile, non sono un profondo conoscitore della materia e considero questo articolo come un mezzo per aprire una tranquilla discussione su questa faccenda. Perciò sono più che mai aperto a ricevere critiche, correzioni e smentite da chi è più preparato di me. 

Vittorio Guillot, 2 Maggio 2018