Strage di Orlando, dubbi sull’Fbi: Mateen indagato per terrorismo comprava armi da guerra

Omar Saddiqui Mateen ha compiuto la più grande strage in una sparatoria di massa negli Stati Uniti, con armi acquista legalmente, nonostante fosse stato due volte sotto inchiesta per presunti legami con la galassia del radicalismo islamico. Fbi e Atf finiscono così nel mirino. Il problema ancora una volta negli Usa sembra essere la facilità di acquistare armi, comprese armi pesanti e fucili mitragliatori in grado di sparare decine di colpi in pochi secondi, e la loro diffusione.

Armi micidiali. Fucili d’assalto e pistole mitragliatori in grado di sparare a colpo singolo o a raffica, di scatenare l’inferno esplodendo decine di colpi in una manciata di secondi. Omar Saddiqui Mateen ha fatto irruzione in un locale punto di ritrovo della comunità gay di Orlando, Florida, uccidendo 49 persone e ferendone 53. In braccio impugnava un fucile d’assalto AR-15, conosciuto anche come “l’arma più richiesta negli Stati Uniti”. Di questa micidiale macchina di morte ce ne sarebbero in circolazione addirittura 9 milioni, stando ai dati. L’AR-15, prodotto dalla Colt, è l’equivalente civile dell’M-16, il fucile mitragliatore in dotazione all’esercito militare americano. Quello che lo distingue da un vero è proprio fucile d’assalto è il suo non essere completamente automatico.

Ora, la domanda che continua ad assillare le coscienze di milioni di americani è ancora una volta la stessa: come è stato possibile che Omar Saddiqui Mateen sia entrato in possesso di un’arma così micidiale, nonostante fosse stato al centro di due indagini per le sue simpatie radicali? Com’è possibile che ancora una volta l’intero paese sia mobilitato da una strage compiuta con armi legalmente reperibili sul mercato americano a controlli ridottissimi? “La stragrande maggioranza delle pistole utilizzate in 16 fucilazioni di massa recenti, – si legge in un dossier del New York Times – tra cui le due pistole che si ritiene essere state utilizzate durante l’attacco di Orlando, sono state acquistate legalmente e dopo un controllo federale. Almeno otto degli autori delle stragi avevano precedenti penali o problemi di salute mentale documentati che non li impediscono di ottenere le loro armi”.

Trevor Velinor, agente dell’ATF (Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives), ha chiarito come Mateen non rientrasse nelle categorie delle persone a cui è vietato vendere armi da fuoco. Nel 2013 era stato indagato per i commenti provocatori lasciatisi sfuggire con alcuni colleghi, in riferimento con i suoi presunti collegamenti con gruppi jihadisti, nel 2014 finì nuovamente sotto inchiesta per i suoi possibili legali con Moner Mohammad Abusalha, cittadino americano martirizzatosi in Siria durante un attacco suicida. Anche in questo caso nulla di concreto, se non le simpatie radicali del cittadino americano di origini afgane, e nessuna prova per un’incriminazione.

Così a finire sotto accusa è l’Fbi: com’è possibile che questo giovane simpatizzante dell’Isis abbia potuto acquistare armi da fuoco? E se anche l’avesse potuto fare: perché nessuno l’ha tenuto sotto stretta sorveglianza? E ancora: è possibile che i sospetti di alcuni reati possano aver accesso al mercato legale? Dal punto di vista del garantismo nulla da eccepire. Nel 1968 viene approvato il Gun Control Act, durante la presidenza di Lyndon B. Johnson, che stabilisce che non possano acquistare armi i cittadini stranieri, gli americani sottoposti a ordinanze restrittive della propria libertà personale, chi è un documento consumatore di droghe o di alcuni farmaci, chi è riconosciuto colpevole di una lunga serie di reati. Come abbiamo visto però queste semplice regole, che mantengono intatto un mercato in cui è semplicissimo procurarsi armi legalmente, non sono bastate a evitare le stragi nelle scuole o ad armare le mani di giovani americani sedotti dalla propaganda jihadista.

Il punto rimane sempre lo stesso: la diffusione di armi da fuoco. Secondo un documento del Congressional Research Service negli Usa ci sono 357 milioni di armi da fuoco, un rapporto superiore ad un’arma per cittadino, visto che la popolazione è stimata a 318,9 milioni di persone. Un arsenale malcustodito in case private, un mercato in cui i canali legali e quelli illegali, vista la gran quantità di pistole e fucili e la facilità di procurarsele, sono comunicanti. A questo si aggiunge la gran varietà di legislazioni statali, alcune più permissive altre che tendono verso una liberalizzazione del mercato e dell’acquisto pressoché totale. Se Mateen non avrebbe potuto acquistare il suo AR-15 in Florida, gli sarebbe bastato oltrepassare la frontiera e dirigersi in qualche stato adiacente o comprarla su internet.

Non è la prima volta che un’AR-15 come quello di Mateen viene usato in una sparatoria di massa. Era il 14 dicembre del 2012 quando Adam Lanza, 20enne affetto dalla sindrome di Asperger, faceva irruzione nella Sandy Hook Elementary School a Newton, in Connecticut. Con un AR-15 ha aperto il fuoco uccidendo 27 persone, tra cui 20 bambini tra i 6 e i 7 anni, prima di togliersi la vita. Il 2 dicembre del 2015 Syed Rizwan Farook e la moglie Tashfeen Malik, americani di origine pachistana dichiaratisi militanti dell’Isis, hanno ucciso con un AR-15 14 persone a San Bernardino (California).

A gennaio Barack Obama ha presentato il suo piano per limitare la diffusione delle armi da fuoco, scavalcando un congresso immobile e sotto la pressione della potentissima lobby delle armi, la Nra che condiziona e finanzia l’elezione di decine di parlamentari democratici e repubblicani. Un piano in 10 punti quello del presidente che prevede in particolare di concentrarsi sui “background checks”, ovvero i controlli che devono avvenire prima della vendita di un’arma. Se fosse stato già operativo forse oggi le mani di Mateen non sarebbero state armate, o almeno non gli sarebbe stato così facile premere il grilletto.

Tratto da www.fanpage.it ©

Valerio Renzi, 13 Giugno 2016