«Sospensione messa in catalano, il problema merita attenzione»

L'opinone di Guido Sari, presidente dell'Associació per a la Salvaguarda del Patrimoni Historicocultural de l'Alguer

Ho letto recentemente su “Alghero Eco” la lettera di un concittadino che esprimeva la sua delusione per lo scarso interesse dimostrato dal Vescovo nei confronti della messa in catalano, culminato infine nella sospensione di quest’ultima. La lettera si ricollega per tema e passione ad altre in precedenza apparse nello stesso giornale e non lascia indifferenti per l’amarezza che in essa traspare. Capisco che il Vescovo non possa dare risposte pubbliche a tutti i fedeli della sua diocesi che su i più svariati problemi potrebbero porgli delle domande, però un problema come quello cui si riferisce l’autore della lettera mi pare che meriti una particolare attenzione.

Da parte mia non ho alcun dubbio che, all’attuale sospensione della messa in algherese, il Vescovo desideri trovare un’adeguata soluzione. In anni in cui il laicismo confina la religione a pratica personale privata, tendendo a toglierle rilevanza e visibilità pubblica, e in cui il relativismo, oggi stravincente, crea incertezze e defezioni tra gli stessi fedeli, una richiesta come quella della continuità della messa in algherese da parte di alcuni cittadini (molto più numerosi di quel che potrebbe sembrare, infatti per un fedele che si lamenta pubblicamente ve ne sono decine e decine che condividono in privato la lamentela) è di per sé meritevole di un momento di riflessione, è certo una richiesta che un vescovo non può disattendere.

Se le lingue fossero solo mezzi di comunicazione, non avrebbe senso chiedere in un determinato luogo una messa in una lingua diversa da quella in cui si officiano normalmente le altre. Una lingua però non è solo un mezzo di comunicazione. Non comunica soltanto un messaggio dall’emittente al destinatario. La lingua è la nostra parte più intima, la nostra storia individuale, quella che ci lega alla nostra famiglia, alla nostra comunità, che, vincendo il tempo, ci ha trasmesso legami di affetto e di conoscenza anche con chi non abbiamo conosciuto, ci ha trasmesso valori, anche religiosi (che in questo specifico caso sono quelli che più dovrebbero far riflettere), dando a questi valori un suono, un’eco inconfondibile che è quello appunto della lingua materna.

Ed è proprio la lingua materna che, veicolandoci valori e saperi, ci ha fatto dono di filtri culturali attraverso i quali possiamo osservare e setacciare la realtà attuale, mantenendo quel minimo di distanza necessaria per un giudizio critico; la sua stessa diversità dalla lingua e dalla cultura ufficiale contribuisce a formare infatti quella capacità di giudizio autonomo che i più corrivi alle tendenze culturali dominanti tendono a perdere, per far posto a qualsiasi tendenza venga proposta dalla potente capacità suasoria dei media.

Avendo avuto la possibilità di leggere la lettera che Monsignor Morfino inviò il 6 febbraio di quest’anno ai fedeli di Sindia (in seguito all’atto vandalico compiuto nella chiesa di San Demetrio), credo che si possa essere fiduciosi in un suo intervento a favore della restituzione della messa in catalano. Infatti, se nella lettera sopraccitata il Vescovo lamenta giustamente che “la sensibilità, la storia, la fede e il sentire profondo di ogni sindiese” sono stati mortificati e che è stata lacerata la memoria della comunità e piagati gli affetti, ci sentiamo autorizzati a credere che la stessa attenzione verrà riservata alla perdita della messa in algherese.

Infatti nel caso dell’atto vandalico la comunità è stata sì privata di un bene, ma tale perdita non ha scalfitto la sua identità. Diverso è il caso di un bene non risarcibile, insostituibile come la lingua, o come quel legame tra lingua, religione e cultura che ha saputo attraversare i secoli prima di essere emarginato da culture più forti, legame che si vorrebbe continuasse, come desidera il concittadino autore della lettera e tutti quelli che la pensano come lui, auspicando per la comunità di Alghero la presenza costante almeno di una messa nella lingua storica del luogo.

18 Marzo 2017