Imu insopportabile, serve una mobilitazione generale

16 milioni di euro, questo è quanto i cittadini di Alghero hanno appena pagato per l’IMU decisa dal governo Monti, a cui si sommano le aliquote maggiorate predisposte dall’amministrazione comunale. 5,8 milioni di euro era l’importo pagato l’anno precedente per la vecchia ICI.

Famiglie e imprese hanno quindi quest’anno pagato il 300% in più rispetto all’anno precedente per un’imposta ormai giudicata iniqua anche dall’Unione Europea. Di quei 16 milioni incassati, 11 milioni sono rimasti nelle casse del comune mentre gli altri 5 sono finiti nelle casse dello stato. Questo incremento del gettito porta con sé il riequilibrio del bilancio comunale rispetto ai tagli continui subiti negli ultimi anni e la possibilità da parte dello stato di far fronte al proprio fabbisogno economico sempre crescente.

Ma a pagare il conto sono come al solito i cittadini, le famiglie e le imprese che sopportano i costi dell’inefficienza, dei privilegi e degli sprechi pubblici con un danno per l’economia reale che in una città come la nostra ha visto, nel solo mese scorso, sottratti oltre 10 milioni di euro al già precario tessuto economico. Gli oltre 10 milioni in più pagati per l’IMU sono infatti risorse sottratte da una parte alle famiglie, che avrebbero speso nei nostri negozi, nelle nostre attività artigiane, nei nostri ristoranti, e dall’altra alle imprese già in difficoltà ma costrette a pagare un’imposta altissima per i locali nei quali svolgono le loro attività (negozi, attività artigiane, capannoni, alberghi, ristoranti, uffici).

Non è un caso, dunque, che persino l’Unione Europea abbia sottolineato l’iniquità di questa imposta che, così com’è strutturata, pesa su beni primari, come la casa o i luoghi di lavoro, che sono sempre il frutto di sacrifici e risparmi, o frutto di investimenti sulla propria attività imprenditoriale. Oggi sappiamo dunque qual è stato in termini complessivi il sacrificio fatto dalla nostra città per il pagamento dell’IMU e che la battaglia per la cancellazione dell’imposta dalla prima casa, insieme a un forte ridimensionamento di quella prevista per le imprese, è necessaria per ridare equità e sostenibilità a questa tassa.

Tuttavia finché il governo non modificherà l’attuale IMU, anche a livello locale è necessario assumere decisioni diverse da quelle adottate nell’ultimo bilancio dal comune, che ha deciso di elevare le aliquote dell’IMU in modo certamente eccessivo anche sulla prima casa (da 4,0 a 4,50) e sugli immobili come negozi, attività artigiane, alberghi, ecc. (da 7,60 a 9,80). Una battaglia sull’IMU e sulle tasse in generale dovrebbe partire proprio dalla Sardegna e dai nostri comuni, una battaglia che consenta, in particolare alle nostre imprese, di non essere vessate in modo insopportabile a fronte di una situazione economica e di svantaggio che in Sardegna è ben più pesante che nel resto del paese.

L’IMU è poi solo l’anticipazione di ciò che è già previsto per quest’anno, dato che verrà introdotta anche la TARES in sostituzione della vecchia TARSU. Gli aspetti di iniquità della TARES sono altrettanto gravi, perché, oltre che prevedere aumenti legati alla necessità di copertura del 100% del costo del servizio di raccolta dei rifiuti rispetto all’attuale 90%, che per Alghero si aggira attorno agli 8/9 milioni di euro, vedrà l’aggiunta di altri 30/40centesimi a metro quadro per la copertura di servizi come l’illuminazione pubblica o la manutenzione delle strade. L’aspetto di iniquità più grave è tuttavia il fatto che la nuova tariffa sarà parametrata in base alla consistenza del nucleo familiare con un carico ulteriore sulle famiglie, e in particolare quelle numerose.

È stato calcolato che una famiglia di 5 persone pagherà mediamente circa il 40% in più rispetto alla vecchia Tarsu. Se L’IMU è stata e sarà pesante, la TARES peserà ancora di più, sia per famiglie che per le attività economiche e professionali. La strada delle tasse sulle famiglie, sulle piccole imprese, sulle professioni è stata la scorciatoia del governo Monti per risolvere grandi problemi finanziari, ma sta conducendo all’impoverimento complessivo del nostro tessuto sociale ed economico basato sulle famiglie, sul lavoro, sulla piccola impresa, il commercio, l’artigianato, i servizi, che poco hanno a che fare con la grande finanza e i grandi interessi economici che il governo dei tecnici ha invece difeso in modo prioritario, accentuando diseguaglianze che già prima apparivano insopportabili.

Oggi la sola politica possibile, in particolare in una regione come la Sardegna, deve essere quella svincolata dai grandi interessi e dalla grande finanza e volta invece alla ricerca di una equità che passa anche da un’imposizione fiscale sostenibile e giusta, quindi ridotta, che consenta di far ripartire l’economia reale, unica in grado di creare lavoro, sviluppo, benessere diffuso e contrastare le diseguaglianze.

15 Gennaio 2013