Il cellulare può provocare il tumore: ora lo dice la Cassazione

La scienza, probabilmente, potrà continuare a discuterne: del resto, i telefoni cellulari sono i protagonisti dei mercati mondiali da appena vent’anni, ragion per cui i tempi per riuscire a stabilire l’esatto rapporto di causa-effetto tra il loro utilizzo e le conseguenze sulla salute potrebbero essere ancora lunghi. Eppure, in questa direzione qualcosa si muove già da un po’ di tempo, sollecitando l’attenzione nei riguardi di un fenomeno che meriterebbe un controllo ben più incisivo.

Così, nel maggio del 2011 la stessa World Health Organization ha dovuto ammettere che gli effetti sull’organismo dell’esposizione alle onde dei dispositivi telefonici mobili potessero essere di entità non trascurabile, sottolineando come l’utilizzo di cellulari dovrebbe essere in ogni caso cauto e sempre associato a strumenti quali gli auricolari. Inoltre, pochi mesi fa, uno studio shock curato dai ricercatori del reparto di oncologia dell’università svedese di Örebro, basato sulle osservazioni svoltesi per anni su pazienti affetti da glioma (o deceduti a causa di questo), rimetteva sotto accusa telefoni cellulari e cordless come direttamente coinvolti nell’aumento del rischio.

Ora, però, è intervenuto il diritto ad esprimere il proprio non irrilevante parere attraverso una sentenza depositata dalla Corte di Cassazione lo scorso 12 ottobre che conferma la precedente del tribunale d’appello di Brescia: la prima volta in Italia in cui anche la legge riconosce il rapporto di causalità tra l’uso frequente del telefonino e l’insorgere di determinate patologie. Il protagonista della storia, raccontata dal Corriere, è un manager di sessant’anni, Innocente Marcolini, ex dirigente d’azienda che, a causa del proprio lavoro, ricorreva con frequenza elevatissima all’utilizzo del telefono: cinque o sei ore al giorno, per dodici anni, con il cellulare o con il cordless. Quando scopre di avere un neurinoma del ganglio di Gasser, un tumore benigno al nervo trigemino sinistro, non può non ricondurre la propria malattia a motivi professionali: ma l’Inail gli nega la pensione, quella stessa pensione che, da oggi, dovrà versare a Marcolini per un’invalidità riconosciuta dell’80%.

Marcolini ha voluto sottolineare come questa “storica” sentenza sia ben lungi dall’essere una semplice vittoria personale, rappresentando piuttosto una possibilità per tutti di essere correttamente ed adeguatamente informati sui rischi a cui si va incontro a causa di un uso di dispositivi mobili incauto: un’affermazione più che mai valida, alla luce del fatto che anche un suo collega, stessa multinazionale e stesso utilizzo frequente del telefono, sia stato colpito dal medesimo male. Tra le persone che hanno affiancato l’ex dirigente nel suo duro cammino, il Professor Angelo Levis, già ordinario di Mutagenesi Ambientale all’Università di Padova, che ha seguito gli aspetti epidemiologici del delicato caso: «finalmente si riconosce ufficialmente la correlazione, nonostante la contro-propaganda e le ricerche non allarmistiche finanziate dalle compagnie che fabbricano cellulari, di tumori provocati dalle onde elettromagnetiche» ha dichiarato con evidente soddisfazione.

Ad ogni modo, è assai probabile che da oggi saranno in molti quelli che, nel dubbio, inizieranno a servirsi degli auricolari che, già da anni, vengono venduti nella medesima confezione del telefono cellulare (e di cui, comunque, i libretti di istruzione raccomandano l’utilizzo, a meno che non si parli con il dispositivo distanziato dalla testa di almeno due centimetri): e ciò è un bene. In questo senso, c’è da dirlo, il signor Marcolini può ben dire di aver vinto la propria battaglia.

Tratto da www.fanpage.it ©

19 Ottobre 2012